Il Fantasy, due chiacchiere sul genere...

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 29/4/2010, 11:26
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Il Fantasy
rielaborazione e sunto sul genere Fantasy
con spunti presi in rete
di
Ary64





"Fantasy" è un termine preso in prestito dalla lingua inglese per definire un genere letterario tra l’epico e il fantastico. Ha le sue origini intorno alla fine del ‘400 con il romanzo “La morte d’Artù” di Sir Thomas Malory.
Dalla letteratura questo genere si è poi esteso ad altri campi, come il cinema, la fumettistica e il mondo dei videogiochi.
Solitamente il fantasy descrive mondi fantastici e magici, separati dalla realtà e dà ampio spazio ad elementi misteriosi e soprannaturali.

All’interno di questo genere letterario si possono distinguere due filoni: quello storico o eroico, detto Sword and Sorcery, spesso ambientato nel medioevo, e l’Heroic Fantasy o High Fantasy, che prende spunto dalla letteratura del poliedrico William Morris, esponente del movimento ottocentesco del neogotico, il quale, si pensa ma non c'è nulla di confermato, sia stato ispiratore per le opere di J.R.R. Tolikien.

Il primo filone deriva invece dal romanzo d’avventura, a cui appartengono opere come quelle di Giulio Verne o Salgari, e nasce nella sua trasposizione fantasy dalle riviste pulp pubblicate negli Stati Uniti fino agli anni cinquanta.
Caratteristica di questo filone è la presenza di un eroe muscoloso che si muove in avventure dalla forte connotazione esotica, sulfurea e sensuale ,lottando con forze magiche e sovrannaturali, salvando eroine e principesse misteriose.
L'apice del genere Sword and Sorcery è raggiunto nei racconti di Robert Erwin Howard con i cicli di Conan il barbaro.

Il secondo filone è rappresentato da vicende mitologiche che si svolgono o in un passato molto remoto o in un lontanissimo futuro o in universi alternativi.
I romanzi di questo filone conservano principalmente caratteri medievaleggianti e barbarici, che si rifanno alle saghe nordiche e ai poemi cavallereschi.
Ad esso appartengono le opere di J.R.R Tolkien che scrisse Lo Hobbit (1937) e la trilogia de Il Signore degli anelli (1954-1955), padre e ispiratore del fantasy moderno.

I romanzi fantasy di tipo classico in genere hanno delle caratteristiche comuni: l’eterna lotta fra il bene e il male; il tema della ricerca di un oggetto magico, dagli straordinari poteri (una spada, un libro, un anello); l’ambientazione in un medioevo fantastico, un luogo di fantasia che ricorda il nostro medioevo, correlato di magia; un protagonista, che di solito è una persona semplice, un orfano, un contadino o un pastore, che scopre di essere l’unico in grado di salvare il proprio popolo; la compagnia, ossia un gruppo di personaggi che accompagnano e aiutano il protagonista nelle sue avventure e nella sua ricerca (nani, elfi, elementali, draghi, uomini, ecc). Un fantasy infatti prevede molti protagonisti, anche separati spazialmente, le cui avventure sono seguite in parallelo dall’autore.
Un altro tema comune è quello della battaglia finale.
E’ inoltre importante sottolineare che, ogni romanzo di questo genere, racchiude una morale finale non sempre intuibile ad una prima lettura. Per questo i fantasy possono essere letti a diversi livelli, sia come una semplice storia per ragazzi, sia da un pubblico adulto, per i numerosi riferimenti che l'autore nasconde tra le pieghe del racconto e che contengono spesso critiche o veri e propri atti d'accusa alla società e al potere costituito.
Purtroppo ai signori del cinema, quando uno di questi romanzi viene trasposto per essere portato sul grande schermo, piace più la prima opzione, le “storie per bambini” raccolgono più pubblico e sono quindi più remunerative! (Scusate la digressione, ma non ne ho potuto fare a meno! <_< )

Negli ultimi anni il genere fantasy ha avuto un enorme successo, grazie a una scuola di autori validissimi e innovativi. C’è da dire che, ai nostri giorni, questo filone letterario è diventato più maturo e complesso e si è arricchito di una varietà di temi e di stili.
E’ necessario e doveroso a questo punto fare una distinzione fra fantasy ed altri generi letterari affini come la fantascienza o la Science Fiction.
La differenza fra il fantasy e la fantascienza sta nel fatto che, mentre nel primo lo scrittore si basa sul concetto che ogni cosa è spiegabile con la scienza magica, nel secondo tutto è giustificabile con la scienza tecnica.

In Italia fra gli autori fantasy di maggior spicco possiamo trovare Licia Troisi e Valerio Evangelisti, sebbene la prima sia considerata dagli esperti del genere, non certo paragonabile a nomi come Robert Jordan, autore della saga de La ruota del tempo, oppure Marion Zimmer Bradley o Terry Brooks con il suo interminabile ciclo di Shannara o ancora Terry Pratchet con il suo fantasy comico.
E’ infatti all’estero che questo genere letterario ha dato i suoi frutti migliori.
Per esempio, non si può dimenticare il ruolo svolto da Robert Anthony Salvatore che ha scritto innumerevoli volumi nell’ambientazione dei Forgotten Realms e che è stato imitato da centinaia di altri autori. I suoi personaggi, Drittz Do’ Urden in primis, compaiono anche nei videogiochi ispirati alla stessa ambientazione.
Non si può infine dimenticare Tad Williams, maggiore esponente dell’High Fantasy e creatore di un mondo fantastico con lingue, leggende, usi e costumi propri, attorno a cui si svolgono le azioni dei suoi personaggi. A lui dobbiamo la nota serie Memory, Sorrow and Thorn e Shadowmarch, a cui sta ancora lavorando.
Un altro grande successo internazionale, che ha contribuito alla diffusione di questo genere letterario in tutto il mondo, sebbene si tratti di un fantasy un po’ anomalo, si deve alla saga di Harry Potter della scrittrice inglese Joanne Kathleen Rowling, nato come una storia per ragazzi, riuscendo a conquistarsi un numerosissimo pubblico di adulti.

Molto attivo, interessante e vivace, è il mondo degli autori emergenti in questo genere, spesso caratterizzato da esperienze di scrittura collettiva all’interno delle community in rete, (chissà di chi sto parlando? Ahahah :D ), alcuni si limitano a riprodurre le storie ideate dai loro autori preferiti, ma altri, sempre partendo dalle storie dei loro autori preferiti, sono veramente originali ed hanno trovate narrative di grande spessore. (Non si fanno nomi... ma noi qui ne abbiamo parecchi ;) )

Da qui, tagliate, aggiungete, insomma parliamone...

Edited by Ary64 - 30/4/2010, 17:55
 
Top
view post Posted on 21/6/2010, 14:27
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Da un articolo di FantasyMagazine.

Distopia, utopia e post apocalittico nella letteratura young adult


Le voci del web, le pubblicazioni a tema e un saggio specifico indicano l'interesse nei confronti di questo filone nella narrativa per i più giovani



“We like to think we live in daylight, but half
the world is always dark, and fantasy, like poetry,
speaks the language of the night.”

[Ursula Le Guin]



Le ambientazioni distopiche non sono mai mancate nella narrativa fantastica, nemmeno in quella indirizzata (spesso solo in apparenza) a un pubblico giovanile: sul web sono in corso interessanti discussioni in merito.

Lettori e aspiranti autori cercano di fare e farsi chiarezza circa i termini “distopia” e “post-apocalittico”, nonché di spiegare come tali ambientazioni possano essere consequenziali, autonome, o affiancate a realtà utopiche.

L’argomento è da tempo oggetto d’interesse anche da un punto di vista sociologico, come dimostra il saggio Utopian and Dystopian Writing for Children and Young Adults (Carrie Hintz e Elaine Ostry, 2003) che esplora questo nuovo genere nel campo della letteratura infantile.
Inoltre, di recente, il New Yorker ha pubblicato un interessante articolo sul boom della dystopian fiction tra i più giovani.

In passato abbiamo avuto La macchina del Tempo di Orson Wells, Il Signore delle Mosche di William Golding, La Fattoria degli Animali di Orwell e tanti altri.
Oggi, con la letteratura young adult in fase esplosiva, gli esempi sono ancora più numerosi: si rispolverano opere come La città di Ember, abbiamo Il Libro Magico di China Mièville e La Genesi di Shannara di Terry Brooks. Inoltre, le diatribe su The Giver di Lois Lowry non sono certo spente.
Di recente si è conclusa The Chaos Walking Trilogy (The Knife of Never Letting Go, 2008; The ask and the answer, 2009; Monster of Men, 2010) di Patrick Ness, un fantasy distopico vincitore di numerosi premi. Parallelamente, Susan Collins ha pubblicato la sua Hunger Games Trilogy, con ambientazione post-apocalittica. Nel 2010 è arrivato in Italia Metro 2033 di Dmitry Glukhovsky, post-atomico.

Forse il successo di questo filone è da attribuirsi a un fatto molto semplice: i lettori giovani non sono in grado di sgamare collegamenti o remake di qualche vecchio episodio di Ai Confini della Realtà, non hanno letto I Trasfigurati di Wyndham, 1984 di Orwell, o A.I. di Aldiss (di questo magari hanno visto il film) semplicemente perché non ne hanno avuto il tempo.
Tuttavia certe tematiche di sensibilizzazione possono trovare nella letteratura fantastica una strada utile: Ray Bradbury afferma che il lavoro di uno scrittore non è predire il futuro, ma prevenirlo…


Autore: Cristina Donati - Data: 21 giugno 2010 - Fonte: http://io9.com/5561512/two-fascinating-dis...g+adult-authors
 
Top
Beàtrix
view post Posted on 2/2/2011, 17:29




Interessante post!! Ma le distopie sono includibili nel genere fantasy? o sono più propriamente fantascienza? Personalmente tenderei maggiormente a includere utopie e distopie nel genere della fatascienza. Il fantasy solitamente fa uso di figure mitologiche o fantastiche quali draghi, elfi, folletti, maghi, quali solitamente sono assenti nella letteratura futuristica, sostituiti da mostri, alieni o esseri risultanti da modificazioni di laboratorio. C'è un filone di cyborg fantasy che però conosco poco o nulla, nella quale a volta fanno la loro comparsa angeli e demoni, ma anche in questo caso escluderei queste figure religiose o apocalittiche da una connotazione fantasy.
 
Top
view post Posted on 26/9/2012, 16:10
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Queste chiacchierate di Antonio Piras, le trovate QUI su FantasyMagazine, rubrica: l'Iside Svelata

Molto divertente e intrigante! ^_^

Specchio delle mie brame

Dove personaggi bislacchi discutono di mistica e di psicanalisi, si parla di uno Specchio Per Le Allodole, e anche Dante dice la sua.

1zxttw1
Medusa - terracotta del 560 a.C.
Museo Archeologico di Siracusa


In una notte d’Ognissanti, Alice, La Strega di Biancaneve, un Basilisco e una Gorgona si riunirono in segreto consesso nel Giardino d’Oltreconfine per discutere di questioni importanti.
— Conoscete il motivo di questa riunione — esordì La Strega di Biancaneve. — Abbiamo un problema comune.
— E il problema sono gli specchi, giusto? — disse la Gorgona, dandosi una rassettata alle serpi, e mantenendo lo sguardo basso per non rischiare incidenti diplomatici.
— No, il problema non sono gli specchi — le rimbeccò il Basilisco, che molto opportunamente aveva messo una benda sugli occhi. — Ma coloro che istigano a usarli per distruggerci: gli Umani.
Ad Alice sfuggì uno sbadiglio. — Mah, io non sarei così severa nel giudizio. E per quanto mi riguarda, con gli specchi ho un buon rapporto.
— Povera illusa! — la compianse il Basilisco. — Forse non te ne rendi conto, ma fra noi sei quella messa peggio. A noi gli specchi sono fatali, è vero, ma a te fanno qualcosa di molto più terribile, ti fanno crescere.
A queste parole il draghetto fece seguire una lunga filippica contro gli Umani. In particolare se la prese con un certo Plinio, che della sua genìa si era molto occupato. Sostenne che questo tizio aveva descritto dettagliatamente l’aspetto dei basilischi, consigliando agli Umani le armi idonee a distruggerli. E recitò a memoria: "E’ un drago, un rettile lungo solo dodici dita, che ha sulla testa una macchia bianca a forma di diadema e una cresta squamosa che somiglia ad una corona, grandi ali spinose, una coda di serpente che termina con la testa di un gallo. Il suo fiato avvizzisce la frutta. Il suo sputo brucia e corrode. Il suo sguardo spacca le pietre. Il suo sibilo fa fuggire i serpenti. Non striscia sinuosamente come gli altri rettili, ma avanza col corpo eretto a metà. L’odore della donnola lo uccide. Ma, contro di lui, l’arma più efficace è lo specchio: il basilisco è fulminato dal suo stesso sguardo velenoso”.
— Ma Plinio non fu il solo — continuò, sempre più alterato. — Un tale vissuto nel medioevo, Pietro il Piccardo, e un Santo di nome Agostino osarono affermare che noi basilischi non possiamo essere altro che la personificazione del Demonio, e altri Umani ne seguirono le orme, ponendo le nostre immagini nelle cattedrali per simboleggiare, di volta in volta, il Diavolo, la Collera, la Forza, la Lussuria, il tradimento degli ebrei. Ci raffiguravano in molti modi, per lo più come galli dalla coda di drago o come serpenti con ali di gallo.
— E nel XV secolo gli Umani vi usarono anche come rappresentazione della sifilide, che chiamarono appunto morbo del basilisco — puntualizzò Alice, lasciandosi sfuggire un altro sbadiglio. Era sempre stata una ragazzina d’indole sonnolenta.
E pensare che il nome Basiliscus, che traduce l’ebraico Sephà, significa "piccolo Re" — concluse il draghetto, sconsolato.
La Gorgona, che a proposito di sguardi velenosi e specchi si sentiva in diritto di dire la sua, agitò un serpente per chiedere la parola senza essere costretta a sollevare lo sguardo. — Ha ragione a lamentarsi — disse. — Gli Umani, fra l’altro, hanno messo in un bell’imbarazzo anche noi, associando le peculiarità del Basilisco al potere del nostro sguardo, che fa precipitare nel terrore e nella morte. Tant’è che qualche Umano ha persino insinuato che il primo basilisco sarebbe stato generato dal sangue sparso sulla terra di Libia dalla nostra povera sorella Medusa, quando Perseo la decapitò. Come se non lo sapessero tutti che noi non c’entriamo, e che voi draghetti nascete dall’uovo fecondato da un gallo di sette o quattordici anni, deposto sul letame e covato da un rospo oppure da una rana. Ma a noi Gorgoni gli Umani hanno riservato altri maltrattamenti. Tanto per dirne una, dopo che la loro mitografia ci aveva descritto così come siamo, mostri zannuti ed alati, con la nostra bella capigliatura di serpenti, nella tradizione popolare greca, soprattutto quella delle comunità di pescatori, ci hanno tolto le ali sostituendole con una bella coda di pesce, e il nome Gorgona è diventato impropriamente equivalente di Sirena. E la confusione fra Gorgones e Sirene ha fatto sì che, nei porti delle cicladi e delle ionie, molti caicchi si ritrovino il nome GORGONA. A completare il pasticcio, poi, ci si è messa anche una leggenda greca, che parla di una Sirena-Gorgona sorella di Alessandro Magno. Questa leggenda racconta che la Sirena poneva ai naviganti la domanda: “Vive il re Alessandro?”. Se quelli rispondevano “è morto”, la Gorgona iniziava un pianto straziante e selvaggio, che provocava onde gigantesche e fortunali, con inevitabile naufragio dei malcapitati. Se invece, mentendo, rispondevano “vive, regna e domina il mondo”, li lasciava passare indisturbati. E questa leggenda ha ispirato anche una canzone molto diffusa a Creta, nella quale si parla di una Gorgona-Sirena sorella di Alessandro il Grande. E pensare che noi non abbiamo nulla a che fare con il mare, a parte i genitori, divinità marine di prima generazione.
— Veniamo al sodo — sollecitò La Strega di Biancaneve. — Non intendo farmi carico dei vostri problemi esistenziali, io. Ne ho già abbastanza di miei. E gli specchi ne sono l’origine. Se non ne trovo presto uno sincero, veramente sincero, rischio turbe mentali irreversibili.
Alice si stiracchiò. — Credo sia giunto il momento di darvi qualche dritta, amici miei. Non giudicatemi presuntuosa, è solo che, in un certo senso, vedo le cose da posizione privilegiata.
— Che cosa vuoi dire? — domandò il Basilisco, incenerendo una petunia carnivora con lo sputo.
— Che è solo una questione d’interpretazione. Da un punto di vista strettamente letterario io sono stata creata più moderna, bazzico nuove stregonerie, tipo la psicanalisi e altre cose così. Voi prendete tutto alla lettera, dimenticando che agli Umani piace esprimersi per simboli.
— Mm... — commentò in tono alterato La Strega di Biancaneve, per niente convinta.
— Mm... — bofonchiò il Basilisco.
— Mm... — sibilò la Gorgona. — Continua.
— Be’, non è poi così complicato. Prendiamo il nostro amico Basilisco. A sentire un certo Jung, un Umano piuttosto bizzarro, tutto ciò che è infimo simboleggia la materia prima da trasformare, la materia da cui partire per lo svolgimento dell’Opera e per il raggiungimento del tesoro dei tesori, la Conoscenza. Tant’è che gli alchimisti usavano le allegorie degli animali demoniaci, quali il Serpente, il Drago, il Corvo e appunto il Basilisco, per indicare lo status inferus da cui partire per lo svolgimento dell’Opera. Il Basilisco diventa così il simbolo del Mercurio Filosofale, il Terribile Guardiano che deve essere ucciso per aver accesso al tesoro.
— Deciditi! — protestò la Gorgona. — Parli di psicanalisi o di alchimia?
Alice regalò al consesso un altro sbadiglio rumoroso. — E dov’è la differenza? Lo dicevo prima: è solo una questione di punti di vista e, semmai, di linguaggio. Per giungere alla stessa conclusione degli alchimisti la psicanalisi dirà che il Basilisco è un’immagine dell’inconscio, terribile per chi non la riconosce, perché capace di disgregare la personalità. E dirà anche che le zone d’ombra della personalità possono nuocere agli Umani, finché non le guardano allo specchio e non imparano ad accettarle.
— Ehi! — esclamò allora la Gorgona, come folgorata dalla propria immagine, riflessa dallo specchio di un Perseo di passaggio. — Allora, tutto questo riguarda anche me!
— E questo sarebbe il problema degli Umani, eh? Guardare in faccia il mostro — bofonchiò La Strega di Biancaneve, riflettendo.
— Già, sapendo che mostruosità e regalità coincidono — riprese Alice. — Ci ricordavi, draghetto, il significato del tuo nome, no? Piccolo Re.
— Secondo me, il tuo ragionamento finisce per essere piuttosto ambiguo — disse La Strega di Biancaneve, che aveva finito di riflettere, e aveva deciso di dimostrare la sua competenza in quella materia. — Farebbe presupporre che, per gli Umani, i simboli possano avere una spiegazione puramente psicologica. Io invece credo che, se l'interpretazione psicologica non va scartata a priori, il contenuto di un simbolo non sia, per loro, irrazionale ma puramente spirituale. Non sono per niente d’accordo, tanto per essere chiara, con le tesi che collocano l’origine di un simbolo nell’inconscio collettivo.
— Mah, non è la prima volta che mi giudicano ambigua — commentò Alice, facendo spallucce. — Ma a Lewis Carroll che mi ha tratteggiata così è andata anche peggio: gli hanno dato persino del pedofilo.
— E, a conforto della mia convinzione, tornerò per un momento agli specchi — riprese La Strega di Biancaneve, che aveva quella fissa lì e non c’èra niente da fare. — Perché, nelle mani degli Umani, lo specchio diventa l’Arma? Semplice, perché per loro è il simbolo più diretto della contemplatio, la visione spirituale, e quindi della gnosi. Rappresenta, in un certo senso, il simbolo dei simboli, perché si presta a manifestare la natura della Mistica. Mi viene in mente che certi Umani del buddismo T’chan ossequiano un dogma che, fra l’altro, recita: “tutti gli esseri possiedono, in origine, l'illuminazione spirituale, nello stesso modo in cui è nella natura dello specchio splendere. Se, al contrario, le passioni velano lo specchio, esso è allora invisibile, come se fosse ricoperto di polvere”. Vedi bene, Alice, come queste conclusioni escludano l’interpretazione strettamente psicanalitica del simbolo. A maggior supporto, ti ricordo che presso gli Umani, i medesimi concetti ricorrono, sotto varia forma, nelle tradizioni Tao e Shinto, nel Sufismo, nella Mistica Islamica, nella teoria indiana della Maya. E questo solo per fare qualche esempio. Un Umano piuttosto famoso, un poeta di nome Dante, in un suo poema altrettanto famoso fa dire ad Adamo: “perch’io la veggio nel verace speglio/ che fa di sé pareglio all’altre cose/ e nulla face lui di sé pareglio”.
— Mm... Mi sorprendi, megera — sibilò a denti stretti Alice, che si sentiva un po’ spiazzata. — Sembra che tu sappia tutto sugli specchi, eppure non riesci a risolvere il tuo problema.
La Strega di Biancaneve sorrise con intento bonario, ma la smorfia che le distorse il mento peggiorò la sua espressione trucida. — Sciocca ragazzina, c’è specchio e specchio. Nel mio caso l’oggetto che mi tormenta è lo Specchio Magico, che ha altra natura, altro significato, altro scopo. Attualmente sto cercando di costruirne uno nuovo, seguendo le tecniche operative descritte da un Umano chiamato Davidson. Ma di questo ti parlerò un’altra volta, forse. Il tuo specchio, piuttosto, se analizzato da un punto di vista mistico si è rivelato un vero fallimento: ha smesso di riflettere la tua immagine e si è lasciato attraversare impunemente, sottraendoti alla vera crescita con le lusinghe dell’immaginazione. Non era altro che uno Specchio Per Le Allodole.
— Uff... Tu mi ricordi la Regina di Cuori, sputi sentenze gratuite e affrettate — si lamentò Alice. — Ti potrei rispondere che lo specchio in cui il simbolo si riflette come immagine di un archetipo eterno è proprio l’immaginazione, e che è la ragione, con la sua capacità di discernimento, a riflettere il puro spirito. Ma adesso sono stanca, e questa discussione dovremo riprenderla in un’altra occasione... Uh, che sonno! Me ne andrò a dormire con Frufrù.
— Ehi! Un momento! — protestò il Basilisco, che se n’era stato zitto zitto ad ascoltare il battibecco fra le due. — Non siamo giunti a nessuna conclusione. Dovevamo studiare le contromisure, o sbaglio?
— Non hai ancora capito? — gli disse la Gorgona. — Se le cose stanno come dice la lamia, non c’è niente da fare, non esistono contromisure.
— Ha ragione. Fin quando gli Umani, per crescere, avranno la necessità d’incontrarsi con l’ombra, con la morte, con la trasformazione, fin quando avranno l’esigenza di guardare in faccia il mostro, continueranno a utilizzarvi. Non ci si può far niente, e la questione è chiusa — confermò La Strega di Biancaneve, frugando nel tascone segreto del mantello. — E, vi dirò, dopo tanto parlare m’è venuta una gran fame. Ho delle mele con me, ne volete?
Ma Alice si era già avviata, la Gorgona declinò gentilmente l’invito agitando le serpi e il Basilisco, facendo finta di non aver sentito, si girò e strisciò lontano. Così la riunione si sciolse.

NdA
Per coloro che, in questo insolito dialogo, avranno notato l’uso del nome “Gorgona” in sostituzione del più usato “Gorgone”, si precisa che la scelta è dovuta all’intento di mantenermi fedele all'etimologia greca.
Ringrazio Lucilla Magni Lazaridis sia per le precisazioni etimologiche sia per le notizie sul “pasticcio” mitologico Gorgona-Sirena.


Autore: Antonio Piras - Data: 14 luglio 2003
 
Top
view post Posted on 8/10/2012, 07:43
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Una lunga riflessione sul fantasy, prendendo spunto da La Storia Infinita di Ende, dalla rubrica Approfondimenti - Mondo Fantasy, un articolo di FantasyMagazine

Il cammino di crescita attraverso il mondo della fantasia: La Storia Infinita

Spunti di riflessione dal capolavoro di Michael Ende.

2ef6qg5
La Storia Infinita, edizione Tea

La fantasia è un regno senza confini, continuamente in crescita e pertanto sempre mutevole; un regno che non è fisico e reale nel modo in cui si è abituati a pensare, ma che esiste e per chi vi entra può essere un'esperienza che fa apprendere, che può insegnare.
Certo per alcuni può essere un'evasione, un vivere avventure che nella realtà non è possibile avere, un fuggire per qualche momento dalla noia e dalla routine: tutti almeno una volta nella vita si sono lasciati andare a simili pensieri, immaginandosi d'essere qualcun altro e di condurre una vita differente in luoghi lontani e sconosciuti.

Per altri invece questi viaggi sono più di uno scappare dalla quotidianità: sono un rifugio, una protezione da un mondo in cui non ci si sente a proprio agio, dove si è dei corpi estranei che non riescono a trovare il proprio posto. Un mondo dove si finisce con il viverci per periodi sempre più lunghi, fino a quando non diviene l'unica realtà accettata, dalla quale non si vuole più tornare indietro, perché lì non esistono delusioni, sconfitte, tradimenti, non ci sono conflitti, non c'è bisogno di confrontarsi con nessuno, dove le cose vanno come si desidera, si è signori di tutto e s’assapora l’onnipotenza senza volerla più lasciare andare. In questo modo però ci si aliena dalla vita e come in tutte le cose c'è un prezzo da pagare. E il prezzo è la perdita di se stessi, divenendo esseri inutili per sé e per gli altri, come viene mostrato da Micheal Ende con la Città degli Imperatori, dove uomini giunti su Fantasia non se ne sono più voluti andare (o non erano più in grado di tornare indietro) e sono rimasti a condurre una vita senza senso, compiendo azioni guidate dalla follia, dato che la ragione è andata completamente persa.

Ma esiste anche chi è in grado di viaggiare tra il mondo reale e quello fantastico, di andare e tornare, come avviene con Bastiano, il piccolo protagonista delle vicende del romanzo dello scrittore tedesco, che vive esperienze che lo cambiano, lo fanno maturare, facendogli scoprire lati di sé e della vita che fanno fiorire in lui una comprensione e una conoscenza che lo rendono più completo: doni che una volta trovati diventano suoi per sempre, un'Acqua della Vita che diventa fonte a cui chi gli sta vicino può abbeverarsi e farla scaturire a sua volta dentro di sé e portarla ad altri, in una catena capace di rendere il mondo un posto migliore.

15ojq02
Bastian

Un messaggio (uno tra i tanti) quello di La Storia Infinita che fa eco a quello di Gesù nel passo in cui incontra la Samaritana: "«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva…chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna»." (Giovanni 4,10-15) Un'Acqua della Vita che è il trasmettere un nuovo modo di vivere, di vedere e affrontare le cose; un cambiamento e una crescita che non avvengono all'improvviso, ma che giungono grazie alla maturazione avvenuta attraverso le esperienze di vita.

... per continuare a leggere l'articolo, cliccate sul link a inizio post!
 
Top
view post Posted on 12/12/2012, 10:30
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Articolo di FantasyMagazine

L'insonnia genera mostri?

Dall'introduzione dell'autrice, ripubblicata da The Guardian, apprendiamo che l'orrida creatura del Dott. Frankenstein è stata ispirata da una notte insonne dopo una sera di tempesta e racconti di fantasmi.

mary-shelley-008

Uno dei mostri che affollano i nostri incubi ha la particolarità di… trarre origine da un vero e proprio incubo: Mary Shelley, l’autrice che ha ideato il personaggio del dottor Frankenstein, lo ha narrato nell’introduzione al libro, che fu pubblicato nel 1831.

Prima di addentrarci nell’episodio una piccola precisazione: Frankenstein non è il mostro di cui parla il romanzo. Il titolo completo, Frankenstein, il Moderno Prometeo, dovrebbe già suggerirci la verità: ovvero il nome è quello dell’inventore che dà vita al mostro, e della creatura.
Il libro ha un’altra particolarità: è una delle prime opere che si potrebbero dire fantascientifiche riguardanti la creazione di un essere vivente, poiché la creatura del dottor Frankenstein non è portata alla vita con sistemi sovrannaturali ma creata in laboratorio.

L’autrice era a Ginevra, in compagnia del futuro marito Percy Shelley, ospite di Lord Byron, il celeberrimo poeta destinato a morire nella Guerra d’Indipendenza greca. Il periodo era molto speciale: il 1816, il cosiddetto “anno senza estate,” caratterizzato da un’estate fredda e piovosa a causa di una grande eruzione verificatasi l’anno prima in Indonesia. L’evento causò varie anomalie climatiche, che per l’Europa occidentale significarono un anno in cui l’estate praticamente venne a mancare.

In queste circostanze Lord Byron e i suoi ospiti, costretti in casadall’inatteso freddo e dalla pioggia, passavano il tempo leggendo ad alta voce e tra le loro letture preferite vi erano le storie di fantasmi. Si era anche parlato di esperimenti scientifici sulla rianimazione della materia organica inanimata e di galvanismo, ovvero gli esperimenti di contrazione dei muscoli di animali per mezzo della trasmissione di corrente elettrica. Il galvanismo aveva creato in Mary Shelley la suggestione che diverse parti di un animale potessero essere assemblate per creare un nuovo essere vivente.

Dopo essere andata a letto oltre la mezzanotte, Mary Shelley passò una notte insonne in seguito a questi discorsi: “Quando appoggiai la testa sul cuscino non mi addormentai” scrisse nell’introduzione a Frankenstein, “ma non si può dire che riflettessi. La mia fantasia, sbrigliata, s’impadronì di me, rendendo le immagini che venivano alla mente molto più vivide di quanto normalmente siano nelle fantasticherie. Vidi, ad occhi chiusi ma con l’acuta vista della mente, lo studente d’arti proibite pallido, in ginocchio di fronte alla cosa che aveva messo assieme, vidi steso quel mostruoso fantasma di uomo e poi, per opera di un potente apparecchio, lo vidi mostrare segni di vita, accennare a muoversi a stento, col movimento di un corpo vivo per metà.”

Nella fantasticheria di Mary Shelley il creatore Frankenstein, sconvolto dall’orrore alla vista del mostro, fugge, nella speranza che la vita si spenga in quell’essere malriuscito. Pur abbandonato e non amato da nessuno, esso è però destinato a sopravvivere.
Poiché l’autrice era impegnata in una competizione con Percy e Byron sulle storie di fantasmi, subito comprese di aver creato involontariamente materiale valido per la sua creazione: “Ciò che ha terrorizzato me terrorizzerà gli altri: devo solo descrivere il mostro che ha tormentato la mia nottata.”

Mary Shelley si dedicò a sviluppare la storia e ne fece un racconto breve. In seguito, con l’incoraggiamento del marito, divenne un romanzo: una delle più famose storie dell’orrore di tutti i tempi.

Autore: Bruno Bacelli - Data: 11 dicembre 2012
 
Top
view post Posted on 14/12/2012, 09:16
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Un saggio proposto da FantasyMagazine

La realtà dell'orco

200tjpf
Silvana De Mari, La realtà dell'orco
- SAGGISTICA
- Lindau - 2012
- pagine 160
- prezzo 21,00 euro
- giudizio:
****


"Questo non è un saggio sul fantastico": il caveat iniziale giunge al lettore direttamente dalla stessa autrice. E in effetti è vero, questo non è solo un saggio sul fantastico, ma è molto di più: perché, dell'elaborazione fantastica, del suo ruolo fondamentale nell'evoluzione umana e dei suoi acerrimi nemici, Silvana De Mari sviscera le radici più profonde alla luce dell'antropologia, della neurobiologia, della sociologia, della psicologia, dell'etnologia, della filosofia e della religione.
E se tutte queste 'logie' rischiano, a prima vista, di intimidire il lettore, non si tema, perché l'esposizione è così chiara e coerente da essere perfettamente leggibile anche per il neofita. Il tutto condito col consueto e irresistibile stile ironico che caratterizza la De Mari conferenziera e che rende la lettura, se possibile, ancora più avvincente.

La scrittrice riprende qui, ampliandoli, spunti già toccati nel precedente saggio — Il drago come realtà — o trattati di frequente nel suo interessantissimo blog.
Chi la segue puntualmente troverà pertanto una comoda summa organizzata per tematiche, mentre chi non la conosce avrà la possibilità di scoprire per la prima volta gli importanti risvolti e implicazioni che questo genere reca in sé.
Inoltre, il saggio smonta certi luoghi comuni come ad esempio l'indiscussa positività tout court che viene attribuita normalmente all'influsso illuministico sul pensiero occidentale, o ancora leggende metropolitane come quella che vorrebbe Voltaire paladino delle idee altrui ancorchè contrarie alle proprie (il suo celebre detto "Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo" non è infatti mai stato da lui pronunciato).
Inoltre, volendo, vi troverà pure un codice interpretativo della bellissima esalogia di cui la De Mari è altresì autrice, visto che le idee qui esposte si ritrovano abbondantemente anche nel suo tessuto narrativo.

Fa da complemento un dvd tratto dallo spettacolo teatrale tenutosi il 13 gennaio 2012 al Teatro Baretti di Torino. In esso si alternano letture, musica e interventi ove la scrittrice sintetizza il contenuto delle numerose conferenze tenute sul Fantastico nel corso dei suoi tour promozionali.

Giunti a fine lettura del supporto cartaceo, si potrà anche non concordare con tutte le conclusioni che vengono tratte, ma è innegabile come la scrittrice metta sul piatto fondamentali spunti di riflessione che ogni serio appassionato di fantastico dovrebbe porsi o della cui esistenza, quanto meno, dovrebbe prendere coscienza.

E' una lettura critica che, come il saggio precedente, andrebbe insegnata e discussa nelle scuole medie, e se ci sono insegnanti all'ascolto li invito ad adottarla come testo di approfondimento per le proprie classi. Parimenti, invito il lettori di FantasyMagazine che siano studenti dalle medie in avanti a proporlo ai propri professori, spesso così pregiudizievolmente scettici, quando non addirittura sarcastici, nei confronti di questo genere letterario, scioccamente considerato infantile. E chissà mai che, argomentazioni alla mano, si riesca a 'convertire' qualche 'miscredente'...

Autore: Marina Lenti - Data: 13 dicembre 2012
 
Top
view post Posted on 28/1/2013, 19:31
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Articolo di Mirco Tondi su FantasyMagazine

Influenze e deterioramento delle storie e dello stile del Fantasy contemporaneo

Alcune riflessioni sulle tendenze attuali nel mondo del fantastico.

_t2ec16rhjg_e9nm3qvlcbqcsns6ywg_60_35

La scrittura nel corso del tempo è mutata, seguendo l’evoluzione dell’uomo. Dai disegni sulle pareti delle grotte si è passati all’uso di caratteri cuneiformi, ai geroglifici, agli alfabeti composti di lettere.
Anche le tipologie di storie sono cambiate. Dagli dei ed eroi greci, si è passati ai cavalieri e ai re del periodo medievale, fino ad arrivare agli uomini di scienza: ogni epoca, con la sua tipologia di pensiero dominante, ha influenzato le opere scritte divenute maggiormente famose. Basti pensare a esempio come le scoperte del galvanismo in ambito scientifico abbiano avuto influenza sul romanzo dell'inglese Mary Shelley avente protagonista il mostro di Frankenstein. Oppure alle opere di Jules Verne, scritte in un periodo di grande sviluppo tecnologico (Rivoluzione Industriale), che fu il padre del genere fantascientifico divenuto così di moda quando l’uomo cominciò a fare i primi viaggi nello spazio e a fare grandi scoperte come quella della bomba atomica.
E’ proprio nel secolo in cui si sono verificati simili eventi, che si è avuta la maggiore alfabetizzazione della popolazione; fattore che ha portato a una maggiore diffusione della letteratura, vedendo crescere il numero di pubblicazioni e di tipologie di storie. Un’evoluzione che nel giro di pochi anni ha avuto un’accelerazione, vedendo proliferare i suoi prodotti in modo esponenziale, fino ad arrivare al presente, che, grazie ai media, ha visto un boom dove sono prodotti migliaia di romanzi l’anno.



Lasciando stare opere quali l’Odissea, Beowulf, Divina Commedia e anche quelle dell’ottocento (Un americano alla corte di re Artù di Mark Twain, Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde), soffermandoci sulle produzioni del XXI secolo, che cosa è cambiato nella narrativa, specialmente in quella fantasy?

...

Continua a leggere l'articolo cliccando QUI
 
Top
view post Posted on 20/10/2013, 09:57
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Bell'articolo di FantasyMagazine sull'influenza delle profezie, dalla storia alla letteratura.
E' molto lungo, vi metto solo l'inizio, cliccate sul link per leggerlo tutto!

Le profezie e il fantastico

di Mirco Tondi


L’influenza che hanno avuto le profezie nella storia dell’uomo, nei miti, nelle religioni e soprattutto in uno dei generi letterari e cinematografici che le vede come protagoniste: il fantastico.

temple_d_apollon_delphes
Il tempio di Apollo a Delfi


In ogni tempo della storia dell’uomo ci sono stati racconti che narravano di una profezia che si sarebbe dovuta avverare: essa avrebbe portato speranza oppure sarebbe stata portatrice di sciagura e rovina o avrebbe fatto realizzare fenomeni e portenti particolari.
Se n’è sempre sentito parlare, ma che cos’è esattamente una profezia?
La prima risposta che si può dare è ciò che prevede il futuro; tuttavia, sarebbe un’affermazione non del tutto corretta: anche una previsione fa la stessa cosa. Con la differenza che alla previsione ci si arriva con la conoscenza nata dall’osservazione, dal raccogliere dati, la cui elaborazione può portare a dare una risposta abbastanza precisa, seguendo il principio della legge di causalità, dove a ogni azione corrisponde una reazione, una conseguenza. Processi, questi, che rientrano nel campo della logica.
Con la profezia invece non c’è nulla di logico, non c’è un senso, un’origine che possa avere delle basi razionali: è qualcosa d’inconcepibile, che non può essere studiato dalla scienza, che affonda le sue radici nelle regioni dell’istinto e dell’intuito, ma che ugualmente, a suo modo, cerca di sottrarre al caso l’esistenza umana. Nelle società civili e tecnologiche tutto ciò ha perso potere e valore, ma è esistito un tempo dove veggenti, oracoli, erano tenuti in gran considerazione e molti governanti si rivolgevano a essi per cercare una guida che portasse fortuna, prosperità al proprio regno. Non aveva importanza che le predizioni non avessero basi quali raziocinio, esperienza: ciò che contava era che quanto detto fosse attendibile e i fatti riscontrati avevano dimostrato la veridicità delle parole di chi profetizzava, facendo guadagnare fiducia.

[...]
 
Top
view post Posted on 11/11/2013, 09:14
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


FantasyMagazine presenta questo saggio, dandone un giudizio eccellente, che racconta l'Orco, visto e analizzato da uno storico della cultura.

Indagine sull'Orco

cop.aspx

Tommaso Braccini, Indagine sull'Orco. Miti e Storie del Divoratore di Bambini
- SAGGISTICA - Il Mulino
- Intersezioni - 2013
- pagine 280
- prezzo 16,00 euro
- giudizio: eccellente



La figura dell'orco è assai familiare a ogni appassionato del fantastico, in tutte le sue forme culturali e mediatiche. Dalla narrativa al cinema, passando per i miniature wargames (soprattutto Warhammer, considerando anche la sua versione fantascientifica) fino ai role playing games. Un villain piuttosto comune, o sarebbe meglio dire una specie, una razza di esseri umanoidi dai tratti bestiali che spesso sconfinano nell'antropofagia, come nella tradizione fantasy letteraria fiorita nel solco tracciato da Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien.
Eppure, pochi conoscono le origini e il percorso che, nella storia della cultura popolare così come in quella colta, questo mostro ha compiuto nei secoli. Riuscire a tracciare tale cammino, individuando quelli che possono essere i traits d'union di una figura così straordinariamente diffusa nella cultura occidentale, così longeva e dalle caratteristiche così multiformi, è lo scopo che Tommaso Braccini si propone di raggiungere in questo suo libro.

Nato nel 1977, di formazione classicista e bizantinista, Braccini è attualmente ricercatore e docente di Filologia Classica all'Università di Torino. Nonostante la giovane età, sono assai numerose le sue pubblicazioni, di carattere scientifico, negli ambiti di studio di sua competenza così come in molti altri che vi afferiscono. Negli ultimi anni, Braccini si è dedicato all'analisi delle origini di figure che popolano l'immaginario, così come delle tradizioni a esse legate. Frutti di questi interessi sono stati i volumi Prima di Dracula — Archeologia del Vampiro (2011) e La Fata dai Piedi di Mula — Licantropi, Streghe e Vampiri nell'Oriente Greco (2012).
Uno studioso, insomma, ispirato da una passione innata per la ricerca e dotato di una padronanza pressochè totale degli strumenti di analisi di fonti e documenti. E ciò si evince nella struttura stessa di questo saggio, prima che dai contenuti. In otto capitoli, che corrispondono alle prime centonovanta pagine, Braccini indaga la figura della creatura nei secoli e nelle aree culturali europee. Il verbo usato, così come il titolo del volume, non è un caso. Braccini adotta, infatti, il rigore espositivo e documentativo di uno storico (in questo caso, si potrebbe dire, di uno storico della cultura) e non è un caso se uno dei più grandi studiosi contemporanei di questa disciplina, Marc Bloch, usò per primo la metafora della ricerca storica come di indagine investigativa sul passato.

Partendo dalle prime attestazioni di età romana, quelle relative a Orcus, Braccini delinea i tratti di divinità infernale vorace e oscura, probabilmente influenzati dalla religione etrusca, e ne avvicina le peculiari caratteristiche a quelle di Thanatos, l'incarnazione della Morte nella tradizione letteraria greca. Il viaggio poi continua, diacronicamente, nel Medioevo e nell'età Moderna. Quando cioè gradualmente, nel folklore e nella tradizione fiabistica europei, l'orco assume una veste demoniaca per riemergere nella letteratura, e spesso proprio nelle rievocazioni del mito classico: insieme ad altre figure mostruose, come fate e lamie, l'orco è nelle Genealogie Deorum Gentilium di Giovanni Boccaccio; secoli dopo, nelle prime narrazioni compiute che lo vedono protagonista, appare nell'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo e nel Morgante di Luigi Pulci, quindi nella raccolta di fiabe seicentesca di Giambattista Basile, Lo Cunto de li Cunti.

In seguito, nei racconti e nelle fiabe a scopo educativo per i più piccoli, assume spesso l'aspetto di divoratore di bambini disubbidienti e capricciosi. Quello di spauracchio per eccellenza, insomma, è il ruolo che caratterizza l'orco nei secoli, come è evidente dalle celebri fiabe di Charles Perrault e dei fratelli Grimm. Ma se il suo aspetto bestiale, la voracità (soprattutto di carne umana, e giovane) e, spesso, la dimora sotterranea in cui vive e le ricchezze che in essa custodisce (tratti, questi, forse giunti addirittura dal dio dell'Oltretomba, Plutone/Ade, fino all'orco moderno) sono le sue caratteristiche più comuni e salienti, non si può certo dire che l'orco sia una creatura soggetta a stereotipizzazione. Ne sono esempio le numerose attestazioni nella tradizione fiabistica e folklorica del Nord-Est italiano, in cui il mostro assume una fino ad allora inedita capacità di mutare forma e dimensioni a suo piacimento e divenendo uno spauracchio anche per gli adulti.

Si capisce quindi come, nell'indagine condotta da Braccini, sia fondamentale l'apporto fornito dalla tradizione fiabistica e dai numerosi studi a essa rivolti. Per questo, con abile capacità sintetica ed espositiva, l'autore dedica un intero capitolo a trattare gli strumenti di indagine e i modelli della fiabistica adatti al suo scopo, quello di stabilire tratti che possano enucleare l'orco come figura dotata di una propria specifica identità dal variegato ed enorme complesso delle tradizioni popolari. Sempre con l'intento di individuare uno o più fili rossi che accomunino l'orco moderno a quello dei secoli precedenti, Braccini dedica un altro capitolo a tentare di rispondere a una domanda affascinante e non priva del potenziale per una trattazione più ampia (scarsità delle fonti permettendo): è esistita una tradizione fiabistica popolare nell'antichità?
Alla fine del viaggio si giunge ai contes ('racconti') di Marie-Catherine, baronessa d'Aulnoy, che godettero di grande fama e diffusione dalla Francia della seconda metà del Seicento fino in Inghilterra dove, secoli dopo, gli ogres che vi compaiono molto probabilmente ispirarono la fervida immaginazione del padre del fantasy contemporaneo, J. R. R. Tolkien. Ma Braccini non disdegna di porre la sua attenzione anche su un orco ormai divenuto celebre e amato, paradossalmente, soprattutto tra i bambini. Si tratta, ovviamente, di Shrek. Protagonista di un omonimo film d'animazione nel 2001 del quale sono stati realizzati tre seguiti e uno spin-off, quella dell'orco burbero ma dal cuore gentile potrebbe sembrare a prima vista un'invenzione di William Steig (creatore del personaggio) ma, come fa notare Braccini, le cose non stanno proprio così. E ciò dimostra quanto questa figura di mostro, anche se spesso standardizzata nella narrativa fantasy, possieda tratti differenti e sfumati, avendo popolato per secoli l'immaginazione e le storie raccontate nei popoli e nelle culture.

Conoscere non significa, necessariamente, saper esporre ciò che si sa. Ma questo non è il caso dell'autore di Indagine sull'Orco. Il retroterra culturale e l'accuratezza degli studi di Braccini sono impressionanti in quanto ad ampiezza e a profondità, e sono proporzionali alla sua abilità espositiva e a un gusto unico nel raccontare i risultati della sua indagine, arricchiti da numerose e precise citazioni e da un apparato di ulteriori testi e di approfondimenti contenuto dalle tre appendici del volume.

Un libro imprenscindibile per chiunque voglia approfondire questa figura così centrale nell'immaginario, e una lettura assai consigliata a ogni appassionato del fantastico.

Autore: Andrea Massacesi - Data: 11 novembre 2013
 
Top
view post Posted on 14/9/2014, 08:00
Avatar

Advanced Member

Group:
O.C.A.
Posts:
7,048

Status:


Analisi tra fantasy/fantascienza e realtà, un interessante articolo di FantasyMagazine

Il fantastico nella realtà e la realtà nel fantastico: alcuni esempi

Come i romanzi del fantastico analizzano la realtà e la decontestualizzano mostrando gli errori che l’umanità ripete nella sua storia, in alcuni casi arrivando a prevedere quale percorso essa sia in grado d’imboccare.

fahrenheit

Spesso la maggioranza delle persone ritiene che alla letteratura fantastica (fantascienza, fantasy e tutto ciò che è inventato e che non ha elementi inerenti la realtà) appartengono letture di serie b; una convinzione diffusa in tutto il mondo, ma che se si sta attenti ci si accorge essere ben radicata nell’orticello di casa nostra più che in altri posti. In Italia buona parte della critica sottovaluta e disprezza tali generi, molti lettori li ritengono una semplice lettura d’evasione e una bella fetta di scrittori si adegua a tale sistema, adattandosi alle regole del mercato, al massimo scimmiottando e realizzando brutte copie di opere famose del passato. Eppure ci sarebbe poco da disprezzare generi capaci dimostrare con grande lucidità la realtà, specialmente quella che appartiene al nostro paese.

Basti pensare a George Orwell che nel 1949 con l’opera 1984 racconta di una società dove gli individui sono totalmente controllati da un sistema governato da un onnipotente partito unico con a capo il Grande Fratello, un personaggio che nessuno ha mai visto di persona, che li monitora in continuazione attraverso teleschermi (televisori forniti di telecamera, installati per legge in ogni abitazione). Li sorveglia e li condiziona, uniformandoli alla stessa linea di pensiero decisa da chi è al potere: libero arbitrio, obiettività, criticità, sono elementi che vengono perseguiti e condannati.

[...] Cliccate sul link a inizio post per leggere l'intero articolo!
 
Top
10 replies since 29/4/2010, 11:26   655 views
  Share