La festa di tutti i santi nella tradizione italiana

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Astry
view post Posted on 1/11/2012, 19:13 by: Astry




Stufa di sentirmi dire che non posso festeggiare Halloween perchè non è una tradizione italiana, mi sono fatta un po' di ricerche.

:Zuc:



In Sardegna

Is Animeddas e Su Mortu Mortu. Halloween in sardo.
La Sardegna ha conservato una festa che per tanti versi ricorda quella americana. E' la festa de Is Animeddas o de Su Mortu Mortu.

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Halloween è certamente la festa dei morti più famosa al mondo che ha conquistato milioni di persone in tutto il mondo.

Si tratta di una ricorrenza tipica della cultura dei popoli del Nord Europa che ha prima invaso l’America Settentrionale per diffondersi di nuovo in Europa e negli altri continenti, assumendo spesso il carattere di un “carnevale” notturno slegato completamente dai riti religiosi.

Ma Halloween non è certamente l’unica manifestazione dell’antico culto delle anime dei morti. In Sardegna infatti esiste e si è conservata una tradizione che ha molti aspetti in comune con quella americana e anglossassone.

Si tratta della ricorrenza che in Lingua Sarda viene indicata con diversi nomi: is Animeddas e is Panixeddas nel sud dell’isola, Su ‘ene ‘e sas ànimas o su Mortu Mortu nel nuorese, su Prugadòriu in Ogliastra, etc…

Il nome cambia a seconda della zona ma la sostanza, pur mutando in alcuni particolari, rimane la stessa. Abbiamo a che fare infatti con un evento che viene festeggiato tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre.

Proprio come accade nella più famosa ricorrenza americana, anche nei villaggi della Sardegna sono i bambini che vestiti da fantasmi vanno a chiedere, di porta in porta, qualche dono per le “piccole anime”.

Le formule utilizzate in Lingua Sarda per chiedere e dire “dolcetto o scherzetto?” sono: seus benius po is animeddas, mi das fait po praxeri is animeddas, seu su mortu mortu, carki cosa po sas ànimas, peti cocone, e altre ancora a seconda del paese e della variante linguistica utilizzata.

Mentre oggi i fantasmi e le piccole anime ritornano a casa con cioccolatini, lecca-lecca e merendine, una volta era più comune che alle richieste dei piccoli gli adulti preparassero e regalassero i dolci tipici del periodo: pabassinas, ossus de mortu, pani de sapa, etc… A questi venivano aggiunti poi altri doni come le melagrane, le castagne e la frutta secca.

Un altro elemento simile tra la festa sarda e quella anglossassone era, soprattutto nel passato, il lavoro certosino sulle zucche che venivano trasformate in facce spiritate ed utilizzate per fare scherzi e far spaventare i più piccoli.

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In Puglia

Qui, nel cuore verde della provincia di Foggia, nella notte a cavallo tra il giorno di Ognissanti e quello dedicato al culto dei morti, il 1° novembre si accende alla luce dei falò e al bagliore dei lumi posizionati all’interno delle zucche antropomorfe. Non si tratta di Halloween (che per altro si festeggia il 31 ottobre, ndr), ma di un evento che mette in evidenza l’illuminazione della fede, il ricordo dei defunti, il gusto genuino di stare insieme condividendo un momento di comunione caratterizzato dalla magia autentica del legame misterioso tra il mondo dei vivi e quello di quanti vivono nella nostra memoria.

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Un tempo, nelle vie di pietra del borgo orsarese, davanti ad ogni uscio di casa, si usava porre dell’olio in una bacinella piena d’acqua sormontata da un treppiede con una lampada: alla fioca luce della candela, si poteva assistere, secondo i vecchietti, alla sfilata delle anime del purgatorio. Per le strade di Orsara di Puglia, durante tutta la notte del 1° novembre risuona il crepitio delle ginestre e in ogni angolo arde un falò. Elemento caratterizzante dei fuochi è la ginestra, un arbusto che in fiamme si volatilizza facilmente, facendo sembrare che il legame cielo-terra si compia sotto i nostri occhi. Solo a Orsara i ”fuca coste”, si accendono la sera del primo novembre: per tutta la notte ardono numerosi, caldi, luminosi, a creare un’atmosfera di magico incanto. Vicino alle abitazioni si appendono le zucche antropomorfe con una candela accesa all’interno e le vecchiette, prima di andare a letto, prendono dal falò un po’ di brace e la portano in casa, deponendola nel camino o in un braciere.

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E’ convinzione che le anime dei defunti, tornando fra i vivi, facciano visita ai parenti e tornino alle dimore dove avevano vissuto, si riscaldino e continuino il loro peregrinare per tutta la notte. Secondo la credenza popolare, la zucca accesa avrebbe fatto ritrovare al defunto la casa dove era vissuto, proprio come fece Demetra per far ritrovare la strada a Persefone. In onore dei defunti, si consumano cibi poveri ma simbolici: il grano lesso condito col solo mosto cotto, le patate, le cipolle, le uova e le castagne cotte sotto la brace. Niente streghe, dunque, niente maschere e figure grottesche, piuttosto la conservazione del primordiale senso della festa di tutti i Santi, quella istituita il 13 maggio del 609 da Papa Bonifacio VIII quando la Chiesa sovrappose un’interpretazione cristiana a una pratica di origine pagana.

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