Prigionieri della Terra

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Astry
view post Posted on 19/12/2013, 16:13 by: Astry




Grazie Camelia, ho proprio bisogno dei vostri pareri, essendo la mia prima originale, non so proprio come regolarmi.


Cap. 8

Kore si svegliò di soprassalto, un odore pungente di muffa le riempiva le narici. Aveva appena fatto un sogno stranissimo: era intrappolata in un mondo sconosciuto e aveva perso il suo fratellino; si sollevo dal letto e si guardò attorno ancora un po’ assonnata.
Una morsa gelida le strinse lo stomaco, e qualcosa di doloroso le bloccò il respiro, mentre continuava a spostare lo sguardo da una parte all’altra della piccola stanza, sperando che ciò che vedeva potesse sparire non appena si fosse destata del tutto. Nulla di quello che aveva intorno si modificò minimamente; tutto era solido e, purtroppo, reale. No, non aveva sognato; quel mondo esisteva davvero e Fabian non era con lei.
Si trovava a casa di Marietta da diversi giorni. La sua ospite non era quasi mai in casa, ma prima di recarsi alla cava ogni mattina le lasciava cibo e raccomandazioni: “non uscire, non far entrare nessuno in casa, non attirare l’attenzione.”
Scese dal letto e corse nell’altra piccola stanza che fungeva da ingresso e cucina; si bloccò sulla soglia appena vide una figura di spalle, ingobbita, e intenta ad osservare il muro che aveva di fronte. Era paludata in un mantello scuro dal quale sfuggivano alcuni lembi sbrindellati di una tunica bianca.
La riconobbe.
“Freda?”
La vecchia donna si voltò e le sorrise mostrando una dentatura tutt’altro che invidiabile; poi tornò a concentrarsi su ciò che stava facendo: aveva in mano un pugnale e, con forza, lo conficcò nella parete dalla quale iniziò a fuoriuscire una sostanza liquida come da una ferita.
Kore si avvicinò e la osservò mentre la raccoglieva in una ciotola. Il liquido era bianco, del colore del latte. Subito un conato di vomito le salì in gola, ripensando alla curiosa cena del primo giorno.
A conferma dei suoi sospetti, Freda si girò di nuovo verso la ragazza e le porse la scodella, ora colma fino all’orlo.
“Hai fame?” Domandò con la sua voce stridente, “Prendi, prendi!”
Kore saltò indietro come se fosse stata punta da uno scorpione.
“Ma che cos’è?” domandò disgustata.
“E’ latte.” Marietta, appena rientrata, le passò davanti e afferrò la ciotola dalle mani di Freda.
“E’ buono, è vero latte.” La rassicurò versandone un po’ in un altro recipiente e offrendolo di nuovo alla sua ospite, “E’ così che Freda ci procura il cibo quando non ci arrivano i rifornimenti dalla Città del Sole. E in questi giorni sono piuttosto in ritardo, probabilmente a causa di tutti i segugi che il consiglio ha sguinzagliato in giro.”
Kore la guardò con gli occhi sgranati.
“Ma è… E’ roccia quella, come… Come fa?” balbettò.
Marietta sorrise. “Lo ruba.”
Le labbra di Kore si spalancarono seguendo l’esempio dei suoi occhi; ormai aveva assunto un’espressione così comica che l’altra non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata.
“E’ un metodo che usavano le streghe,” spiegò, “non chiedermi come, ma qualcuno… “accennò con lo sguardo verso l’alto, “al piano di sopra rimarrà senza latte.”
Kore immaginò che per ‘piano di sopra ’, Marietta dovesse intendere il suo mondo. Si augurò che la vittima del furto fosse una mucca, possibilmente sana. Non aveva mai bevuto latte che non provenisse dallo scaffale di un supermercato, ma aveva fame e perciò, pur con riluttanza, prese la ciotola dalle mani dell’altra e sorseggiò quella che doveva essere la colazione.
“Dobbiamo scendere alla cava,” proseguì Marietta, oggi inizierai il tuo lavoro, “ti ho procurato dei vestiti, e qualcosa da mettere in testa per nascondere quel pennacchio.” Indicò il ciuffo biondo che continuava a cadere sugli occhi di Kore.
“Con quelli passerai inosservata. C’è tanta gente qui, ma non particolarmente socievole. Lavorerai con me, quindi saremo vicine. Nessuno ti farà domande e se qualcuno ci proverà, evita di parlare, se non vuoi che il tuo accento ti tradisca.”
“Vedrò Fabian alla cava?” chiese speranzosa.
Marietta e Freda si scambiarono uno sguardo triste.
“Tuo fratello sta bene, ma non è qui.” gracchiò Freda.
“Sta bene? L’ha visto? Dove?”
“Sì, Freda l’ha visto, lei fa parte del consiglio. L’hanno affidato ad una famiglia, ma loro vivono lontano da qui. Per ora dovrai pazientare,” spiegò Marietta, e, avvicinandosi al un mucchio di stracci grigiastri che aveva posato sul tavolo, li afferrò con entrambe le mani.
“Mettiteli!” disse decisa consegnandoli a Kore.
La ragazza scrutò incerta la vecchia tunica, poi iniziò a spogliarsi e, dopo aver ripiegato i suoi abiti, si infilò con una smorfia nel goffo sottanone. Marietta completò l’opera sistemandole una fascia di stoffa scura intorno alla testa, come un turbante, nascondendo la bizzarra creazione del suo parrucchiere preferito. Quando fu pronta, si avviarono tutte e tre verso le miniere.

Giunte sul posto, dovettero farsi largo tra una folla di gente che andava e veniva: alcune donne portavano acqua; altre trasportavano attrezzi e uomini robusti trainavano a braccia delle slitte cariche di massi di svariate forme. L’aria era satura di polvere che, illuminata dallo strano sole di quel mondo, assumeva un colore verdastro. Il rumore dei picconi echeggiava tra le pareti rocciose sommandosi alle voci di centinaia di minatori producendo una fastidiosa cacofonia. Kore continuava a guardarsi intorno, scrutando tra la folla, chinandosi, o sollevandosi sulla punta dei piedi, a volte saltellando persino, per riuscire a vedere meglio ciò che accadeva oltre quella cortina di uomini vocianti. Marietta notò la sua curiosità e rallentò il passo per affiancarla.
“Qui fuori, nella cava, quegli uomini ricavano del semplice materiale da costruzione.” spiegò.
“Ma nella parte più profonda, dentro le gallerie, ci sono le pietre verdi che sono rocce magiche, rare e pericolose.” continuò indicando l’ingresso di alcune gallerie scavate nella parete a strapiombo. “Solo i minatori più esperti si avventurano all’interno, e lo fanno soprattutto di notte perché la luminescenza del nostro sole rende più aggressivi i Vermi delle Grotte. Ecco, vedi? Ora infatti stanno risalendo in superficie: troppo pericoloso restare all’interno.”
Kore si chiese cosa fossero i Vermi delle Gotte e abbassò lo sguardo per assicurarsi che non ci fossero strani animali striscianti vicino ai suoi piedi, quando fu spintonata da un gruppo di bambini; si voltò e vide che avevano attorniato Freda come uccellini al pasto. La vecchia aveva portato con sé dei cesti che, a giudicare dall’impazienza di quei ragazzini, dovevano essere colmi di cose buone da mangiare.
Anche alcuni adulti si erano avvicinati e attendevano il loro turno per avere una minuscola porzione di quelli che sembravano panetti di frutta secca.
“Ogni tanto Freda ci porta dei regali dalla Città del Sole,” disse Marietta, “la frutta qui vale come oro.”
Kore annuì semplicemente, seguendo l’altra sino ad un piccolo spiazzo recintato.
“Ecco, il nostro compito è selezionare le pietre verdi.” spiegò la sua guida accennando ad un gruppo di donne chine a frugare fra quelle che, ad una prima occhiata, parevano inutili macerie.
Kore aguzzò lo sguardo: il suolo era cosparso di detriti, rocce di diverse forme e colori, ma le donne stavano scegliendo alcuni sassi particolari fra tutti quelli che i minatori continuavano a scaricare in terra. Li riponevano in sacchi che avevano legati alla vita e poi, quando erano colmi, li svuotavano in delle grosse casse di metallo provviste di ruote.
Kore si avvicinò alle casse: all’interno c’erano molte pietre di colore verde smeraldo; ogni cassa ne conteneva di dimensioni diverse, le più grandi erano simili a palle da tennis, le piccole, incredibilmente lucide e levigate, avrebbero potuto essere incastonate in un anello.
Marietta nel frattempo si era cinta i fianchi con una cinghia dalla quale pendevano tre sacche rigide di pelle e ne porse una anche a Kore che la imitò. Le consegnò anche una striscia di stoffa e le mostrò come avvolgerla sulle mani come protezione; poi entrambe iniziarono il loro lavoro che proseguì per diverse ore.
D’un tratto Freda, che si era accomodata in un angolo intrattenendo alcuni bambini, si alzò fissando un punto lontano. L’espressione della vecchia maga si era fatta cupa, il volto cosparso di rughe si era irrigidito in una maschera che Kore non riuscì a capire se di collera o di paura. Seguendo lo sguardo dell’altra individuò l’oggetto del suo interesse: un uomo, vestito di bianco, proprio come Freda, si stava avvicinando accompagnato da un'altra persona, curva e malvestita, che doveva avere almeno ottant’anni.
Al loro passaggio la gente che affollava quel luogo si allontanava con la stessa rapidità di un branco di pesciolini. Gli stessi, che solo qualche ora prima avevano circondato la vecchia Freda in attesa dei suoi doni, ora parevano voler mettere più distanza possibile tra sé e i nuovi arrivati.
Tuttavia qualcuno andò incontro ai due con passo sicuro, scambiò con loro qualche parola e poi si voltò nella direzione di Kore facendo degli ampi gesti con le braccia.
Subito alcuni minatori entrarono nel recinto in cui si trovavano le donne e spinsero fuori le casse piene di pietre verdi. Un ragazzino smilzo li raggiunse, portando sulle spalle un tappeto molto vecchio che srotolò ai piedi dell’uomo vestito in bianco, e lo aiutò perché ci si sedesse sopra.
Kore si guardò attorno: tutti gli altri, compresa Marietta, dopo aver rivolto uno sguardo distratto ai visitatori, avevano ripreso il loro lavoro; era evidente che non consideravano insolito l’arrivo dei due uomini. Tutti tranne Freda che continuava a fissarli come un gatto che ha appena individuato la sua preda.
Per Kore, dopo essere stata impegnata per diverse ore in quel duro lavoro senza una pausa, quella piccola novità fu un piacevole diversivo. Si pulì le mani nella tunica e si avvicinò a Marietta sperando che lei potesse soddisfare la sua curiosità.
“Chi è quello?” chiese accennando col capo all’uomo seduto in terra, intorno al quale, nel frattempo, erano state svuotate le casse.
“Lo chiamano Amauròs, viene qui a controllare la qualità delle pietre magiche,” rispose l’altra asciugandosi il sudore con la manica del vestito, “il vecchio che sta con lui è il suo servitore.”
Lo sguardo di Kore passava alternativamente dai due a Freda.
“E’ un mago?” chiese sottovoce, poi indicò la vecchia donna, “E’come lei?”
“Sì, Amauròs è un Discendente e molto potente a quanto dicono. Ma io, fossi in te, starei alla larga da lui. Girano strane voci sul suo conto.”
“Strane?” Kore la fissò con gli occhi spalancati. Era chiaro: Marietta non sapeva che il miglior modo per destare il suo interesse era dirle di tenersi alla larga da qualcosa o qualcuno. Ed ora, Kore era più che mai intenzionata a saperne di più sullo strano visitatore.
Si voltò e, fingendo di rimettersi al lavoro, si avvicinò al recinto. Da quella posizione riusciva a vedere meglio l’uomo che, seduto sul tappeto con le gambe incrociate, teneva le braccia protese in avanti coi palmi rivolti verso le pietre sparse attorno a lui, come se fossero brace ardente e lui volesse scaldarsi.
Kore, che aveva ricominciato la raccolta senza dedicarvi però particolare attenzione, prese una pietra e se la rigirò tra le dita: non emanava calore, anzi, sembrava normalissima roccia, a parte l’insolito colore verde. La infilò nella sacca che aveva legata in vita, e aguzzò meglio lo sguardo concentrandosi sul volto dello sconosciuto.
Sembrava teso e anche affaticato, qualunque cosa stesse facendo doveva richiedere un certo sforzo. Aveva la carnagione bianchissima così come i capelli che gli ricadevano sulle spalle; gli occhi erano scuri, fissi nel vuoto, sembrava una statua di marmo.
Il mago restò in quella posizione per diversi minuti poi, quello che Marietta aveva indicato come il suo servitore, si inginocchiò accanto a lui. Era un omino pelle e ossa, dalla carnagione olivastra e il volto, ben rasato, era segnato da una ragnatela di piccole rughe. I capelli bianchi gli ricadevano sulle spalle curve avvolgendosi in piccoli riccioli. Porse all’altro un bastone e con quello Amauròs colpì alcune delle pietre, facendole rotolare lontano da sé. Le restanti furono raccolte dai minatori e riposte di nuovo nelle casse. Infine il mago si rimise in piedi.
Kore immaginò che le pietre colpite fossero quelle da scartare. Forse non erano abbastanza potenti o erano difettose, ammesso che una pietra magica potesse essere difettosa.
Era ancora persa in questi pensieri quando un boato scosse le pareti della cava. Gli occhi di tutti corsero istintivamente verso l’alto, attirati dalla fonte di quel rumore.
Una nuvola di polvere si era sollevata dalla parete rocciosa, mentre grossi massi si staccavano iniziando a precipitare al suolo.
Un grido disperato si levò dalla gente che si trovava al di sotto della frana. D’istinto tutti si portarono le mani sulla testa in un inutile tentativo di proteggersi e Kore si coprì gli occhi e trattenne il respiro preparandosi all’inevitabile tragedia. Tuttavia le grida si zittirono quasi immediatamente, e un silenzio irreale calò su quel luogo.
Le mani di Kore scivolarono sul suo viso, incerte e tremanti, lasciandola libera di guardare, ma pronte a tornare al loro pietoso compito se la vista fosse stata troppo dolorosa.
Ciò che vide la lasciò senza fiato: centinaia di uomini fissavano allibiti i massi che si erano distaccati dalla parete a molti metri al di sopra delle loro teste. Sembravano sospesi nel vuoto, come se il tempo, per la montagna, avesse preso a scorrere più lentamente. Le pietre non avevano fermato la loro caduta, ma stavano raggiungendo il terreno lasciando, ai minatori tutto il tempo di allontanarsi.
In silenzio e in punta di piedi come se temessero di rompere quell’incanto, i minatori si misero al sicuro.
In mezzo alla folla, l’uomo che Marietta aveva chiamato Amauròs, se ne stava immobile, pareva in trance, con le mani congiunte a formare una sorta di sfera. Kore capì che quello che stava accadendo era in qualche modo dovuto a lui, forse era una magia, forse un’illusione. In ogni caso era chiaro che l’uomo fosse concentrato e che distrarlo, o svegliarlo dal suo stato di trance, avrebbe significato far precipitare i massi sulla folla.
Quando le prime pietre raggiunsero il mago, erano tutti abbastanza lontani. Le pietre si posarono su di lui con la leggerezza di una piuma, scivolando sulle sue spalle per continuare la loro strada fino a terra. Ai suoi piedi si era già accumulata una quantità di rocce tale da arrivargli all’altezza della coscia, ma il peggio doveva ancora accadere: un masso più grande degli altri incombeva proprio sopra la sua testa. Kore non ebbe il tempo di formulare alcun pensiero, che udì la voce di Marietta alle sue spalle: “Lo schiaccerà.”
Marietta aveva ragione: indipendentemente dalla lentezza con cui l’avrebbe raggiunto, quel masso era troppo grande per scivolare innocuo sulla schiena del mago. Quel peso l’avrebbe svegliato, spezzando il sortilegio e Amauròs non avrebbe avuto il tempo di scansarsi.
L’anziano servitore, che si era allontanato con gli altri, resosi conto del pericolo, si precipitò verso il suo padrone, ma qualcuno lo anticipò. Kore lo riconobbe: era Guglielmo.
Il capo dei ribelli si era fatto largo tra la folla e, scansando bruscamente il vecchio, corse verso Amauròs e si gettò su di lui, spingendolo il più lontano possibile dalla traiettoria del masso. Finirono entrambi a terra, l’incantesimo si ruppe e l’enorme pietra si schiantò al suolo con un boato a pochi passi da loro, sollevando una gran quantità di polvere.
Ci volle un po’ prima che la nuvola verdastra si diradasse e, in quel tempo che sembrò interminabile, tutti restarono col fiato sospeso in attesa di conoscere la sorte dei due uomini.
Lo sguardo di Kore si posò su Freda. La strega fissava la scena con un’espressione che la fece rabbrividire. Era forse terrorizzata come gli altri per ciò che era appena accaduto? Forse era in pena per Guglielmo, il che era abbastanza normale, dato che i due dovevano conoscersi piuttosto bene. Ma allora perché il suo sguardo era così gelido?
D’un tratto la vide sussultare e non tardò a comprenderne la ragione: qualcosa si stava muovendo dietro un cumulo di pietre. Sentì la folla emettere un grido di sollievo, quando, da sotto i detriti, spuntò la mano, seguita dal resto del corpo di Guglielmo.
L’uomo si sollevò sulle braccia e si scrollò di dosso la polvere come avrebbe fatto un grosso cane. Poi afferrò per un lembo della tunica il mago che era sdraiato sotto di lui e lo sollevò di peso finché quello non si ritrovò inginocchio. Amauròs ansimava, sembrava piuttosto stordito, barcollò in avanti e Guglielmo dovette afferrarlo per le spalle per impedirgli di cadere. Non era ferito, ma era chiaro che l’incantesimo doveva avergli prosciugato tutte le energie. Tuttavia, non appena ebbe ripreso un po’ di forza, scansò con stizza la mano di Guglielmo e si alzò da terra.
Per un attimo sembrò annusare l’aria, muovendo il capo come se cercasse qualcosa, poi spalancò le braccia con il gesto ampio e repentino di chi sta aprendo una tenda, e, davanti a lui, le pietre si mossero come se una gigantesca ruspa le spingesse, accumulandole sui lati in modo tale da formare un sentiero perfettamente livellato.
Kore non ebbe il tempo di realizzare che il passaggio andava dritto verso il punto in cui si trovavano lei e Freda, che il mago le raggiunse con passo deciso.
Si bloccò a meno di un metro dalla vecchia donna.
“Non provarci mai più!” soffiò.
L’altra gli rivolse un sorriso sghembo.
“Io non ho fatto nulla. Le cave sono pericolose, gli uomini qui rischiano la vita ogni giorno.”
Amauròs sorrise a sua volta e poi voltò appena il capo nella direzione di Kore. Solo in quel momento la ragazza si accorse che non c’era luce nei suoi occhi: l’uomo era completamente cieco. Non poteva vederla, eppure avere le sue iridi nerissime puntate addosso la fece sentire a disagio, tanto da costringerla ad abbassare lo sguardo.
“Hai una nuova amica?” Disse infine il mago con una voce di seta.
Kore rabbrividì: come faceva a sapere che c’era una donna accanto a Freda?
“Ma come?” scattò.
Dimentica delle raccomandazioni di Marietta si era lasciata sfuggire le parole dalle labbra, bloccandosi immediatamente, non appena aveva sentito la mano di Freda posarsi sul suo braccio.
La donna la spinse dietro di sé, come a volerla nascondere, ma era troppo tardi.
“Giovane, ha una voce graziosa,” constatò amabile il mago. Parlava lentamente, come se assaporasse le parole.
“Ma ha un accento insolito,” aggiunse, mentre le sue labbra si piegavano sempre di più. Poi tornò a rivolgersi a Freda.
“Un accento che ho già sentito… non vuoi presentarmela?”
“I miei amici non ti riguardano, cieco!” gracchiò Freda, “E di amici ne ho molti, faresti bene a non dimenticarlo.”
“Oh, allora immagino che sarebbero in tanti a dispiacersi se dovesse accederti un … incidente.” disse portando le dita al medaglione.
Chinò il capo in segno di saluto e, porgendo il braccio al suo servo che nel frattempo si era avvicinato, fece per andarsene, ma si voltò di nuovo.
“A proposito dei tuoi amici, porta pure i miei ringraziamenti a Guglielmo e avvertilo che, se continuerà a capitarmi davanti agli occhi, potrei dimenticarmi di essere cieco ed esprimergli la mia gratitudine pubblicamente, magari in presenza del consiglio.”
Quindi si lasciò guidare verso la monumentale scala di pietra che lo avrebbe ricondotto in città.
Kore seguì i due uomini con lo sguardo finché non sparirono all’interno di un grande arco.
Sapeva che da lì avrebbero raggiunto la galleria, la stessa lungo la quale l’aveva accompagnata Ranuccio al suo arrivo: un percorso scavato nella roccia che, inerpicandosi come una spirale, arrivava, forse, a toccare la volta di quello strano mondo.
Kore non poté fare a meno di chiedersi quanto in alto si sarebbero spinti i due uomini.
La casa dove era stata portata al suo arrivo era abbastanza vicina alla cava, ma più si saliva e più la città doveva essere grande, simile ad un gigantesco formicaio, e attraversata da miriadi di cunicoli che si ramificavano a formare un intricato labirinto. Chissà se suo fratello si trovava in una di quelle case?
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da Marietta che l’afferrò per le spalle e la costrinse a voltarsi senza tanti complimenti.
“Fare due chiacchiere con uno dei membri più pericolosi del consiglio è la tua idea di ‘passare inosservata’?”
“Ma io… è stato lui, lui è venuto qui.” tentò di giustificarsi Kore.
“Ti avevo detto che dovevi tenerti lontana da quell’uomo!” continuò trattenendo a stento la collera.
“Ma perché? Lui sa di Fabian, ormai è chiaro che mi ha riconosciuta. Forse potrei scoprire dove si trova.”
“Non ne hai bisogno, noi sappiamo benissimo dove si trova. Freda l’ha visto, ma, come ti abbiamo spiegato, per ora non è possibile raggiungerlo.”
Kore chinò il capo e prese a maltrattarsi le mani.
“Cosa succederà ora? Mi denuncerà? Verranno a cercarmi qui?” pigolò.
“No, finché resti alla cava sei al sicuro. I Discendenti non oserebbero mai prenderti con la forza qui. Nonostante i loro poteri, sanno che inimicarsi il popolo delle miniere non è consigliabile. Siamo troppi e siamo necessari.” spiegò.
Poi il suo sguardo fu attirato dal ragazzo che si stava avvicinando di corsa e le sue labbra si piegarono in una smorfia.
“Ehi! A quanto pare mi sono perso un po’ di movimento. Ho sentito un gran frastuono e mi sono precipitato per vedere cos’era successo.” cinguettò gioioso Ranuccio e, abbracciando Marietta, la salutò con uno schioccante bacio sulla guancia.
Marietta ricambiò con un’occhiataccia di rimprovero, che il giovane finse di non notare.
“Allora, ragazze, è vero quello che stanno dicendo?” domandò accennando ai gruppetti di minatori che, poco lontano da lì, erano intenti a parlottare fra loro, “Stavamo per perdere il nostro mago preferito?” continuò sarcastico.
Il suo viso assunse un’espressione così comica che Kore non poté fare a meno di sorridere; ma il forzato buonumore del ragazzo, che tentava di sdrammatizzare, non sortì l’effetto sperato, né su Marietta, che gli rivolse uno sguardo di commiserazione, né tanto meno su Freda che si allontanò sbuffando. Ranuccio sospirò sollevando le spalle e decise di cambiare discorso: “Bertone oggi si è superato, ci aspetta una zuppa favolosa. Andiamo!” disse prendendo per mano Kore e guidandola verso il luogo in cui si era formata una piccola fila.
La ragazza immaginò che lì distribuissero il pranzo e, dato che aveva una gran fame, non ci pensò due volte prima di seguirlo.
 
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