| Nykyo |
| | Artù. Artù Pendragon.
Astry mi ha chiesto di dire la mia su di lui e io lo faccio ben volentieri, ovviamente iniziando con una premessa: in questo caso, anche se lo citerò spessissimo, non scriverò un post sull’Artù canonico, quello del Mito Brettone, quello che tutto il mondo ben conosce, bensì vi spiegherò perché amo tanto l’Artù del telefilm “Merlin” (BBC), al punto di preferirlo, a differenza che nel mito (riguardo alla leggenda, infatti, sebbene lo scarto sia davvero minimo, la mia classifica di gradimento è l’esatto contrario rispetto a quella per il serial), perfino a Merlino.
Il che è tutto dire, visto che Merlino è da sempre il mio Personaggio Preferito in assoluto, letterariamente parlando, anche se poi in una maniera particolare, più affettiva e complessa, Severus è per me importante tanto quanto il vecchio mago dalla lunga barba bianca che gioca la sua implacabile, lunghissima partita a scacchi contro il tempo, il destino e Morgana Le Fay.
Severus non me ne vuole, vi assicuro. Lui capisce, visto che in fondo è stato Merlino il primo a farmi scoprire, ancora bambina, che esiste la magia e che basta aprire un libro – non obbligatoriamente un fantasy – per trovarla ed esserne avvolti e trascinati via.
E sempre lui mi ha dato lezioni di romanticismo, perché cosa c’è di più romantico di un Mago potentissimo e veggente che pur di non negare nulla alla donna che ama le dona i suoi stessi poteri, anche se sa che verranno usati per imprigionarlo in eterno in una gabbia di cristallo?
Meriterà pure un po’ di gratitudine il caro Emrys Myrdin, meglio noto come Merlino.
Ma non divaghiamo troppo…
Intanto c’è da dire che certamente il telefilm della BBC è basato sul Ciclo Brettone, ma se ne discosta davvero tantissimo.
Così tanto che per molti versi è tutta un'altra storia, tutto un altro universo.
Il cambiamento è talmente radicale che, proprio perché è così estremo, ed anche per una certa intelligenza con la quale fino ad ora è stato gestito, non mi turba affatto.
Perché di norma, quando si tratta di leggende, miti o capolavori letterari, io sono, e lo ammetto candidamente, una schifosa purista, integral-bigotto-reazionaria.
Per me Amleto ha senso solo se gira con la gorgiera, i pantaloncini a palloncino, il giustacuore e la calzamaglia d’ordinanza ed ogni rivisitazione in chiave moderna di Shakespeare è qualcosa che ingoio con enorme difficoltà, per quanto sia di pregiata fattura e ben recitata.
Per me l’Achille di “Troy" che entra a Troia nascosto con gli altri nel cavallo di legno è una vera e propria bestemmia, e quando Dan “Codice Da Vinci” Brown spara cavolate sul Graal e sui Templari divento una belva.
Il Ciclo Arturiano è uno di quei capolavori le cui rivisitazioni mi fanno venire, di norma, grandi orticarie e travasi di bile epocali.
Per intenderci, mi da un bel po’ noia perfino la contaminazione francese (ad opera di Chretien de Trois, mica del primo cialtrone arrivato per caso) dell’originario mito brettone assai più antico e meno raffinato.
La famosissima opera del poeta francese è tra quelle che più hanno diffuso il mito arturiano ed è molto fedele alle origini, certo, anche se Merlino da Druida e bardo che era in principio diventa un più generico mago che ha poco di celtico, ma a me basta l’aggiunta di quel presuntuosaccio francese fin nel midollo di Lancillotto del Lago per digrignare spessissimo i denti.
Secondo il mio personalissimo punto di vista, il Gary Stue (Lancillotto, da francese qual è, si dimostra infatti più bello di Artù, più bravo con le armi, più affascinante come amante per la regina. I francesi se non si mostrano superiori al prossimo non sono felici) gallicano il buon Chretien poteva anche risparmiarselo.
Eppure questo stravolgimento made in BBC non mi dispiace affatto e riesce addirittura a farmi amare personaggi che nel mito originario ho sempre odiato, lo stesso Lancillotto e Ginevra in testa, seguiti a ruota da Uther che prima d’ora aveva sempre avuto tutta la mia franca antipatia.
La prima cosa che salta agli occhi di chi guarda il telefilm è proprio Merlino.
In questo serial Merlino è il personaggio di maggiore rottura con la saga originaria, quello più originale e innovativo, visto che non è il venerando vegliardo al quale siamo abituati, ma è invece un adolescente parecchio imbranato, coetaneo di quell’Artù che si presume dovrebbe guidare con saggezza fino alla soglia del trono di Camelot e anche oltre. E ne è il servo, per di più.
Be’, ammetto che in questo caso io parto avvantaggiata. Da fans sfegatata quale sono della saga arturiana di Mary Stewart (“La grotta di Cristallo” primo, bellissimo e inimitabile e poi altri quattro ottimi romanzi a seguire) sono già abituata a trovarmi davanti un Merlino giovane. Addirittura ne avevo amato uno bambino.
Conoscevo già il lato insicuro di Merlino e tutta la sua emarginazione a causa del suo essere diverso (anche se il Merlino della Stewart lo è solo per un unico potere e… il resto non ve lo dico, vi consiglio di scoprirlo leggendo i libri).
Amavo già anche il giovane falchetto adolescente capace di vedere più lontano di chiunque altro (Sì, Merlin è anche il nome dello smeriglio, un piccolo, bellissimo rapace diurno).
In fondo anche il Merlino del telefilm ha questa dote. Vede, con occhi che hanno a che fare soprattutto con il cuore e con l’anima, e sente che Artù sarà un Re come non ne sono esistiti altri e mai ne esisteranno.
In ogni caso, dicevo, Merlino giovane mi è davvero congeniale, quindi avrei dovuto preferirlo per istinto, e invece Artù mi ha rubato il cuore.
Perché?
Non sono ipocrita, quindi diciamo subito che è anche perché è bello. Bellissimo!
Bradley James, oltre che davvero bravo e dotato di una voce che sarebbe capace di sciogliermi un paio di vertebre anche solo se mi dicesse che ore sono, è anche un ragazzo bello da far vergogna.
Io almeno lo trovo stupendo. Sì, proprio io che i biondi di norma li schifo e li snobbo.
Ma lui è perfetto e lo è con le sue imperfezioni, è questo il meglio.
Ha i denti tutt’altro che regolari e ha l’acne, sì, l’acne come qualunque essere umano e comune mortale.
E non è che li nasconda sempre, anzi, però è bello anche così, con quel sorriso che gli accende tutto il viso e quegli occhi tanto espressivi quanto azzurri, con quel fisico da perfetto eroico principe azzurro, quel pomo d’Adamo che mi mozza il fiato e quelle mani enormi e stupende, ma anche con quel suo naso aquilino, e i canini troppo a punta che non sono mai del tutto celati dalle labbra rosse come fragole di bosco.
Bradley mi ha stesa a prima vista! Mi arrendo al suo fascino senza remore né pentimenti!!!
Ma se si trattasse solo di bellezza o di bravura d’attore non amerei così tanto questo particolare Artù.
A parte il fatto che anche Colin Morgan, Merlino, è davvero molto bravo (e che, tra l’altro, ha tutta la mia innata simpatia in quanto irlandese, tanto che mi basta sentirlo parlare quando non recita per sorridere beata come una scema perché io adoro l’accento irlandese), non è solo nella sua avvenenza o nell’essere ben recitato che sta il cuore dell’Artù di “Merlin”.
Il primo punto a suo favore è che questo Artù è terribilmente canon.
É buffo dirlo perché se andiamo a vedere i cambiamenti rispetto al Ciclo Brettone sono tali e tanti da far pensare, a tutta prima, che stiamo parlando di due persone completamente diverse per quanto omonime.
Proviamo ad esaminare i fatti salienti delle biografie di questi due Artù.
L’Artù del mito cresce lontano da entrambi i genitori (e Uther suo padre non l’ha voluto e non lo amerà mai), presso una famiglia adottiva che per altro fa parte della piccola nobiltà e non dei grandi dignitari di corte. Vive dunque un’infanzia abbastanza comune e umile.
In alcune versioni della leggenda (non ultimo il sottovalutato film della Disney: “La spada nella roccia”. E non chiedetemi perché dico che è sottovalutato. Contiene la prima comparsa di Maga Magò. Un capolavoro! ;D) Artù è all’oscuro non solo di essere il principe ereditario, ma perfino di essere di origini nobili.
Talvolta lo ritroviamo addirittura nel ruolo di umile scudiero del fratellastro, ed è dipinto come ancora digiuno delle arti della guerra e tanto inesperto da essere poco speranzoso di diventare un giorno almeno cavaliere.
Merlino, vecchio e preveggente, lo osserva crescere vegliandolo da lontano, fino al fatidico giorno in cui lo “spinge” ad estrarre Excalibur dalla roccia e a diventare Re. Dopo di allora lo segue ancora, passo passo, in un rapporto forte e sincero, a tratti davvero commovente, ma, diciamocelo, mai paritario. Un legame in cui l’anziano Mago, mentre muove le sue pedine, spesso usa Artù stesso sulla metaforica scacchiera che lo contrappone a Morgana e ai nemici sassoni, e lo fa approfittando del proprio potere, della propria superiore esperienza di vita e anche del proprio ruolo di mentore (si sa che ogni allievo è sempre un po’ in soggezione davanti al maestro).
Nel mito, poi, Camelot non esiste finché Artù non diventa Re. Quello di Artù è un regno in divenire, in un mondo in cui, però, la magia è cosa comune e nessuno se ne scandalizza affatto, Artù compreso.
Nel telefilm, invece, Artù è stato voluto eccome da suo padre ... la sua nascita è stata sin troppo desiderata dal Re, anche se poi, a causa del prezzo di questo desiderio, Artù ha con Uther un rapporto molto conflittuale.
Quello della BBC è un Artù che è cresciuto a Camelot, in un regno che sa già di dover un giorno ereditare. É venuto su come principe, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso. É già allenato a combattere e a comandare i suoi uomini, anzi, è addirittura lui che sceglie e addestra i cavalieri che, un domani, siederanno al suo fianco intorno alla famosa tavola rotonda.
Sa quel’è il suo ruolo, quali sono le sue responsabilità, ma anche quali onori deve attendersi dai propri sudditi e che speciali privilegi gli spettano.
Non si fida invece della magia e ignora che Merlino è un mago, però se lo trova accanto – addirittura, rivoluzione delle rivoluzioni!, come servitore – quando sono entrambi ancora ragazzi. Lui e Merlino nel serial sono coetanei o giù di lì (ho sempre avuto l’impressione che, per giunta, Merlino sia appena più giovane di Artù).
Quante differenze rispetto alla leggenda, eh?
Allora, mi direte, come può l’Artù del telefilm essere canon? Semplice. Lo è nello spirito, che è quello che più conta.
Questo Artù è canon nel coraggio e nell'assoluta lealtà.
Lo è nell’essere eroico ma spesso pieno del gravoso dubbio di non essere all’altezza del suo ruolo, proprio come l’Artù del mito.
Lo è nella generosità, tanto quanto nell’essere ogni tanto un perfetto spaccone.
Lo è nel credere ciecamente in Merlino e nel confidare nel suo giudizio più che in quello di chiunque altro.
Questo Artù è profondamente canon soprattutto in quell’essere tanto democratico che mi ha sempre incantato nell’Artù della leggenda.
Se si pensa che il mito risale a ben prima del medioevo non fa più tanta specie trovare un Re democratico (Re e democratico è una contraddizione in termini, non è vero? Un ossimoro che, però, Artù Pendragon è capace di rendere reale). Tutto considerato, infatti, il primissimo Artù, più che un vero sovrano, era il capo di una tribù confederata di bellicosi guerrieri (gli Angli se non dico scemenze) i quali eleggevano un condottiero d’armi in caso di guerra ma per il resto si autogovernavano allegramente.
Però, se pensiamo che il massimo sviluppo e la definitiva consolidazione del mito arturiano si ebbe nel medioevo, allora la democraticità di Artù, specie in quanto nessuno decise mai di sopprimerla o di mascherarla più di tanto, è qualcosa di rivoluzionario e, a mio modo di vedere, è bellissima.
In un epoca di sovrani assoluti che pensavano prima di tutto a se stessi, disponendo della vita dei sudditi come di un oggetto da usare, Artù spicca fulgido fra tutti per essere stato il Re che volle una tavola rotonda in modo che nessuno dei commensali che l’avrebbero occupata, lui compreso, potesse primeggiare e dirsi mai migliore degli altri.
Artù è nel mito il Re del popolo. Il suo popolo per lui viene prima di tutto, la sua vita e quella dei suoi nobili cavalieri compresa.
Il che non vuol dire che non sappia essere autoritario al punto di non intender ragioni o che non si goda gli agi che il suo rango gli procura, o che non abbia mai momenti di immodestia e smargiasseria, ma fa di lui un Re che ascolta la voce della sua gente e la capisce, mettendoci il cuore per governare in modo buono e giusto e sentendosi sempre umile nei momenti più cruciali del suo regno.
Questa caratteristica, malgrado l’Artù del telefilm sembri al principio solo un viziatissimo, arrogante sbruffone un po’ bullo, è ben presente nel serial BBC.
L’Artù di “Merlin” parte col piede sbagliato, è vero, ma si riscatta presto e completamente.
É un principe così democratico da essere disposto a rischiare tutto, vita compresa, per un semplice servo (per Merlino, soprattutto, e mi si dirà che è per affetto, ma poi non solo per lui).
L’Artù della BBC quando scopre che un valoroso come Lancillotto non potrà diventare cavaliere perché non è nobile, e si sente dire che “Queste sono le regole dei cavalieri”, risponde senza esitazioni: “Allora le regole sono sbagliate ed è tempo che vengano cambiate”.
Questo Artù si tormenta infinitamente quando la sua gente soffre, ancor di più se a causa sua, e perde l’appetito quando il suo popolo patisce la fame.
É l’Artù che si chiede se sia giusto che i contadini di Ealdor combattano ai suoi ordini rischiando ogni cosa, e se l’idea di comandarli in battagli non sia figlia solo di una sua vanagloria. E alla fine è quello che li incita a scendere sul campo e combattere non “Per Artù Pendragon” o “Per Camelot”, come farebbe se davvero volesse solo compiere un’impresa eroica, ma “Per Ealdor!” e per la libertà, perché per lui quelle persone non sono meri servi della gleba, sono creature libere con i loro diritti e una dignità da rispettare.
Questo Artù, che supera la prova del guardiano degli Unicorni donando il bene più prezioso in cambio della salvezza dei suoi sudditi e di un servo, è Artù, quello del mito. Non ci sono differenze che tengano. É proprio lui.
E nel suo essere terribilmente IC malgrado ogni possibile variazione di trama, mi tiene in pugno proprio come l’Artù della mia infanzia, quello che ho sempre amato fin da bambina quando leggevo incantata i vecchi libri della Scala d’Oro UTET rubati a casa di mia nonna.
Anzi, se vogliamo, ha anche un piccolo pregio in più… lui è cresciuto come legittimo principe ereditario, non come un figlio adottivo e uno scudiero, essere democratico deve venirgli meno istintivo. L’Artù del mito capisce il popolo perché è stato popolano o quasi, ma l’Artù del telefilm comprende la sua gente per indole, buon cuore e generosità d’animo.
Nobile nel miglior senso del termine!
Altro motivo per amarlo? Il suo rapporto con Uther (per altro un Uther meraviglioso! Bravura d’attore… il caro King Giles come lo chiamano scherzosamente le fans americane che seguivano anche Buffy).
Amo tantissimo il modo in cui Artù soffre la perenne insicurezza dell’amore paterno, il fatto che non si sente mai abbastanza all’altezza e meritevole non solo dell’affetto del padre ma anche dell’approvazione del Re.
E amo anche la maniera, preziosa, e molto coraggiosa in cui, però, quando vuole difendere un innocente è capace di sfidare quell’amore paterno, a costo di perderlo, pur di fare ciò che è giusto.
Quando si tratta solo (solo?) di rischiare la propria vita, o di dimostrare di avere ragione su un principio che non riguardi le vite altrui, tra il contrariare Uther pur di averla vinta e il cedere malgrado il pericolo e il fatto di avere ragione, questo Artù finisce sempre con lo scegliere la seconda strada. Si piega, mette a rischio la vita, ingoia l’orgoglio pur di non leggere la delusione sul viso di suo padre o di causarne il rimbrotto.
Ma, se il prezzo è la vita degli altri, Artù sa tenere testa a Uther in modo che – ora mi prendete per una pazza invasata – mi riempie di orgoglio.
L’Artù che tiene testa a suo padre malgrado tutto il bisogno che ha del suo amore, e che è pronto a perderne l’affetto per salvare una vita; l’Artù che morirebbe per una servo o per il popolo di Camelot; l’Artù che ha paura e passa la notte insonne sapendo che il nemico che affronterà l’indomani non lo si può sconfiggere, ma che è disposto ad andare ugualmente a combattere perché “It’s my duty!” ossia “Devo. Sono il principe, è il mio compito!”, come si può non amarlo?
A me fa l’effetto (anche questo ha in comune con l’Artù originario della leggenda) di svegliare anche il maschiaccio che è in me e che quando ero piccola voleva essere un cavaliere.
Mi verrebbe da inginocchiarmi e dirgli: “Mio Signore, la mia spada, il mio braccio e la mia lealtà sono vostre, disponetene come più ritenete. Servirvi è un onore immenso!”
Sento che il giorno in cui nel telefilm Artù scoprirà perché e come è morta sua madre Ygrane sarà uno di quei giorni in cui Bradley James mi farà un altro bel buco nel cuore!
Posso già immaginarmi che bel carico di rimorsi… e io ho un certo debole per gli uomini pieni di rimorsi.
Be’, è anche vero che ho una vera passione anche per gli uomini che sono o si credono poco amati proprio da chi più dovrebbe tenere a loro: i genitori.
Un certo Severus, un certo Sirius “Cagnaccio” Black e un tal Brian Kinney insegnano.
Datemi un uomo con questo problema e mi avrete già fregata in partenza!
Accidenti al mio lato materno…
Ma non è mica finita. Amo Artù anche per un altro motivo. É una sorta di bullo redento. Non è che mi ricordi i Malandrini, mi ricorda semmai, e se proprio vogliamo fare un paragone, il mio adorato Draco Malfoy.
All’inizio l’Artù della BBC è un cretinetti arrogante, altroché principe democratico. E io odio i bulli come poche altre cose al mondo.
Solo che Artù è appunto come Draco: perdonabile.
Perché, come Draco, le sue sono una prepotenza e un’arroganza che non sono davvero radicate nell’anima.
Draco scimmiotta solo ciò che vede fare ai suoi genitori e che gli hanno insegnato fin da piccolo, ma alla prova dei fatti non è né un vero razzista, né un vero bullo, né un cattivo.
Artù è stato cresciuto con privilegi tali che, finché Merlino non porta il punto di vista del singolo popolano nella sua vita, magari tiene alla sua gente ma non vede proprio nulla di strano nel divertirsi un poco alle spalle di un servo.
Però impara in fretta la lezione contraria. Il suo bullismo è davvero di breve durata e più si va avanti più è evidente che la sua residua arroganza spavalda è più un modo per cercare di non mostrarsi troppo vulnerabile che vera superbia d’animo.
E poi, soprattutto, Artù – proprio come Draco – è uno che va per bullare e invece rimane bullato, se mi passate l’orrido giochino di parole.
Come non ridere e non perdonarlo di cuore dopo la seguente e deliziosamente ironica scenetta della prima puntata che vi riporto qui sotto (liberamente tradotta dall’inglese, visto che non la trovo in italiano come da doppiaggio e perché prat tradotto come babbeo o asino non si può davvero sentire XD)?
Artù, con tono di sfida: Avanti, su, fammi vedere cosa sai fare. Ma ti avviso che sono stato allenato ad uccidere fin dalla nascita!
Merlino, fingendo ammirazione: Caspita! E da quand’è che ti alleni per essere un coglione?
Artù, indignato: Ehy! Non puoi permetterti di rivolgerti a me in questo modo!
Merlino, sussiegoso: Oh, scusate. Da quant’è che vi allenate ad essere un coglione... Mio Signore?
Merlino quello in barba e gonnella!, quanto ho riso XDDDD
Inoltre, amo questo Artù per il suo rapporto con Merlino. É così diverso rispetto al mito, però ai miei occhi è altrettanto bello.
Ammetto candidamente (Astry, perdonami e non svenire, eh) che per me il loro rapporto è slash.
Gli stessi produttori del serial hanno ammesso di aver voluto ricreare la forte tensione omoerotica che è tipica dei miti (parole loro testuali, ascoltabili anche negli extra dei DVD ufficiali, non solo fissazioni di fan), anche se poi, ovviamente, dubito che tra quei due si arriverà a nulla.
É pur sempre una serie destinata al grande pubblico e sono già rassegnata al fatto che un altro dei miei OTP slash si infranga contro la Ginevra di turno (Harry e Draco insegnano XD), ma per me quei due si amano e sempre si ameranno.
Il che, diciamocelo, in questo caso li stacca di netto dal Ciclo Brettone, perché se c’è una cosa che proprio non sta in piedi, non immagino e – no grazie, vivo meglio senza, anche se sono una slasher – non voglio nemmeno lontanamente immaginare è un amore tra il Merlino canonico e l’Artù originario.
No, no, per carità.
Però, nel telefilm…
Eppure, ammetto che anche se non ci fosse questo subtext slash voluto e dichiarato amerei comunque tantissimo il modo in cui questo Artù si comporta con Merlino, sia quando lo strapazza un po’, sia quando invece si farebbe ammazzare per lui.
Andiamo, sentirlo dire a Uther “Fammi quello che vuoi, rinchiudimi in questa segreta per una settimana, un mese, un anno se vuoi, ma dai questo fiore al mio servo, ti supplico” è impagabile!
Certo ammetto che in chiave slash mi fa sospirare il doppio, ma se pure fosse solo mera amicizia… su, ammettiamolo che è bello quanto la mia frase preferita del Sam di Tolkien ne “Il Signore degli Anelli”.
Come quale frase, ma è la più bella: “Non posso portare l’Anello, Padron Frodo, è vero, ma posso portare voi”.
E ora passatemi quel cleenex, accidenti…
Infine, riallacciandomi a quanto dicevo nel mio commento al post di Astry sui nostri idoli, devo dire che l’Artù della BBC possiede le tre caratteristiche che accomunano quasi tutti i miei amori di fandom e che mi fanno sempre prendere cotte pazzesche per i personaggi che le sfoggiano.
1) Artù è “fuori”. Il solo fatto di essere un principe lo allontana dalla media e dal resto del mondo. Lui ha privilegi non comuni, ma anche doveri non comuni. Lui non può mai limitarsi ad essere come chiunque altro, è condannato a dover eccellere, a dare il buon esempio, a mostrare coraggio sempre e comunque. Lui è in una posizione di potere e responsabilità ed entrambe le cose di norma creano intorno a chi le possiede una speciale solitudine. E poi Artù è Artù, fuori dell’ordinario quasi in tutto, anche se tanto umano da non essere mai odioso per questo.
2) Artù è pieno di rimorsi, insicurezze, sofferenze. Come Severus. Artù si strugge ma poi compie sempre il suo dovere (certo il fatto che spesso ci si butti a testa bassa, perfino con incoscienza quasi da Grifondoro, come Harry Potter a me non dispiace affatto. Nemmeno un po’). Artù è uno che pensa, si arrovella, anche quando non lo da a vedere, e si macera se solo crede che la colpa sia sua. Artù è quello che perfino quando sa di non avere nessun torto si dice “Si ma potevo impedire che… avrei potuto, dovevo, è mio compito, non sono stato capace…”.
3) Artù, malgrado il punto 2, a volte è un perfetto cretino. É adorabilmente idiota. Artù è scemo! Come si fa a non ridere di gusto quando Merlino lo rimette al suo posto, o quando lui si imbroncia perché il suo servo s’è scordato la spada? Come si fa a non sghignazzargli dietro quando fa una delle sue figuracce con Morgana o quando fa le faccette schifate mentre Gaius cerca di convincerlo a studiare anatomia, erboristeria e simili? Come non trovare che è meravigliosamente cretino pure nel suo modo di lodarsi e imbrodarsi? Io casco dalla sedia ogni santa volta che rivedo il pezzetto in cui parlando con un aspirante cavaliere questo splendido imbecille vanitoso dice: “E ora che hai superato le prove più facili sta per arrivare il vero cimento. Adesso dovrai combattere contro la più micidiale, letale, imbattibile, precisa, pericolosa, efficace arma da guerra mai esistita. Me!” Ahahahahahahah, deficiente! XDDDDD Lo amo!
Ecco, ora sapete perché ho questa cotta-predilezione per l’Artù Pendragon della BBC.
E domani coccole doppie a Severus che se n’è stato qui buono buono ad ascoltarmi sproloquiare su un altro senza nemmeno sollevare un sopracciglio.
Tanto lo sa quanto gli voglio bene…
PS: Scusate il carattere e il colore rosso, ma qui ci volevano. Non è rosso Grifone, è rosso Pendragon Edited by Nykyo - 19/3/2010, 07:53
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