A grande richiesta (Stefi-il fantasmino-Peeves: sono già tre richiedenti
) apro il topic sugli attori di HP.
Chiedo scusa se le mie simpatie e preferenze saranno ancora più evidenti del solito.
Ma nulla ci impedisce di fare di questa discussione un work in progress, aperto a qualunque altro attore della saga.
Io amo gli attori inglesi. L'ho già detto? Cosa? Un migliaio di volte? Eh, sì. Temo di sì
Furono gli attori inglesi (uno in particolare: Ian Hart) che mi costrinsero a leggere il primo libro.
Amo la letteratura, intendiamoci. Se dovessi scegliere porterei un libro sulla famosa isola deserta, e so che lì dentro troverei il resto del mondo...
Ma come fan ho bisogno di gente in carne e ossa.
È una mia debolezza: datemi almeno una base di occhi splendenti, sorriso seducente e smorfia altezzosa, tutti rigorosamente “reali”, e poi la mia fantasia comincerà a viaggiare.
A rivedere, manipolare, ricostruire.
Perché non credo assolutamente che l'immagine che ci danno gli attori di sé sia quella vera.
Ma una base reale ci vuole, per farmi sognare davvero.
E qui cominciano le dolenti note.
O anche le piacevoli note: vedremo poi cosa prevale.
HP non è un fenomeno esclusivamente letterario, né esclusivamente cinematografico.
È un fandom: complesso, vario, che si avvale anche (e soprattutto) di contributi artistici esterni (fanfiction, fan art)
Tutto questo, come dicevamo altrove, ha contribuito all'immagine che io ho dei personaggi, come se ogni stimolo o contributo fosse la tessera di un puzzle.
Gli attori adulti della saga hanno, in certi particolari casi, questa caratteristica che vado a descrivervi. Non sono fedeli al canon. Ma hanno qualcosa, come una capacità da medium. Convogliano energie, più che somiglianza fisica. A volte la loro umanità si sovrappone, al punto che diventa difficile distinguerli da quei personaggi, che pure sono da loro così diversi.
Alan Rickman
Il Misterioso
Le palpebre sempre un po' pesanti sugli occhi, scendono a privarci dello sguardo. Quello sguardo: torbido, che nasconde, più che rivelare, profondità insondabili.
Le labbra socchiuse, in attesa di elargire un insulto o di ricevere un bacio.
Labbra dischiuse su un segreto ancora da rivelare.
L'aria leggermente arrogante, eppure un po' smarrita, di quello che si guarda intorno appena sveglio, senza sapere dov'è e qual è il mondo in cui è capitato.
Perché Alan Rickman è un po' un alieno.
Sempre leggermente fuori posto, quale che sia il contesto.
Elusivo.
Misterioso.
Come se la gravità lo sorprendesse, sembra a volte non sapere come muoversi, come camminare...
E poi all'improvviso trova il ritmo, i movimenti giusti.
La camminata, le lunghe mani che si muovono lente.
E poi la voce. Così calda, è vero, ma con una leggerissima vibrazione metallica, come se dovesse modularla e adattarla alla nostra atmosfera.
Alan Rickman è un Principe, sebbene io non sappia ancora di quale pianeta.
Gary Oldman
Il Sopravvissuto
E io so già dall'inizio che gli perdonerò tutto.
La rabbia infantile, l'arroganza.
Perché lui è innocente. E lo sarà sempre. Un po' come Sirius.
Non è Sirius nelle labbra sottili, da squalo.
Non è Sirius nell'energia elettrica e nervosa. Da gatto più che da cane.
Ma è Sirius nel modo disarmante in cui sgrana i suoi occhi azzurri. Come a dire “che ho fatto?”, anche nel mezzo dell'ennesima, evidente insolenza.
È Sirius nel bisogno d'affetto e d'approvazione, appena trattenuti sotto l'aria da guascone.
Sirius nel modo in cui ostenta la sicurezza dei giusti e l'arroganza di chi ha sempre ragione.
Nel modo in cui la follia trema, come la piccola vena che si attiva sotto i suoi occhi, ogni volta che ammicca.
Sirius nel modo in cui i capelli s'arricciano dietro la nuca, e non mi chiedete perché.
E poi c’è Dracula.
Come un nastro che si svolge e si riavvolge, il Dracula di Oldman-Coppola-Hart (attore, regista, sceneggiatore) ritorna giovane e poi ridiventa vecchio.
Guidato, attirato, nutrito non dal sangue, ma dal bisogno d'amore.
Come ogni attore che si rispetti.
Dalle ombre cinesi al trucco più raffinato, il Dracula di Coppola è il Cinema stesso.
E lui, Gary, è talmente autentico attraverso gli Oceani del tempo, da risultare persino profetico: chi l'ha visto in Book of Eli, avrà riconosciuto quel volto ormai
davvero invecchiato, fragile. Quei lampi di crudeltà e di malizia nello sguardo chiaro, a tratti baluginante sul volto segnato come una pergamena, e poi ancora smarrito, ancora testardamente in cerca d'amore e di pace.
Gary Oldman interpretò uno skinhead, quand'era ragazzo. La testa liscia come una lampadina, gli occhi chiari, troppo chiari sotto la fronte pallida.
Nella sua ultima scena, era finito chissà come dentro un bidone di metallo. E da dentro, di fronte a un allibito Tim Roth, sbatacchiava le pareti con un bastone. Come se fosse all'interno di un'enorme, assurda campana.
Avresti detto, vedendolo recitare in quel modo, che quel ragazzo di sicuro talento era molto probabilmente destinato a finire male.
Ma lui è sopravvissuto.
Sirius, anche in questo.
Edited by Aliseia - 26/6/2010, 16:39