Le parole del titolo sono tratte in parte da Claudio Lolli, “Ho visto anche gli zingari felici”. Non ne avevo di mie. Io non lo volevo fare, questo post. Per la prima volta nella mia vita di fan, non so spiegare, e non la farò troppo lunga. Dovrei spiegare come accade che la voce di quest’uomo, Mauro Ermanno Giovanardi, “Joe”, evochi sentimenti indecifrabili, stelle, garofani neri, storie da film, e tutte le sfumature delle notti insonni. Dovrei spiegare che no, la canzone che ha presentato a Sanremo non è una canzone da Sanremo, ma che solo a Sanremo, terra di lacrime e di crudeltà, di sconfitte e di trionfi, poteva trovare il palcoscenico ideale. Del resto, nessuno ancora sa come sia accaduto, che uno sia salito sul palco dei fiori, luogo di mamme e di buone sentimenti, a parlare di sesso e passione, di tradimento senza pentimento, e citando persino Oscar Wilde (“so resistere a tutto, ma alle tentazioni no…”) sia risultato infine più romantico e toccante di ogni tradizione.
Non si può spiegare, non si poteva prevedere: era una possibilità, una delle tante, infinite possibilità
Ma non abbiamo parlato ancora della sua voce. Dite di sì? Non abbastanza. E non si può non parlarne. E insieme parlarne è inutile, si può solo ascoltare. E, insomma, arrendersi. Perché la voce di Mauro Ermanno Giovanardi, detto Joe, vive di vita propria: ha sangue e carne e muscoli, e braccia nelle quali l'ascoltatore rischia di sprofondare. È una carezza di miele, una ferita esposta al bruciore del sale, per usare un’antitesi cara al suo proprietario (della voce, intendo).
Questa Garofano Nero volevo postarla da tanto, e proprio qui, perché c’è qualcosa nel suo tenebroso, sensuale immaginario che mi ricorda tante cose di cui noi in questo forum abbiamo fantasticato insieme. E il testo di questa canzone si presta ad evocarle: non a caso è scritto da una donna, la poetessa Tiziana Cera Rosco.
UN GAROFANO NERO (Giovanardi – Cera Rosco – Curallo)
Io sono un Garofano Nero e assomiglio alla linfa che ho prendimi e macchiati Io sono un Garofano Nero non brillo al sole io non ti scaldo con le parole Ma quando la luna rompe l’incanto io sono perso nero universo che assomiglia alla linfa che ho Io sono un Garofano nero macchiato dal dono che ho aprimi e confonditi Io sono un Garofano Nero non un rancore e ridiscendo con un chiarore Ma quando la luna rompe l’incanto io sono perso nero universo che assomiglia al vuoto che ho che assomiglia al vuoto che ho Io sono un Garofano Nero e assomiglio alla linfa che ho Non ho rancore tu non confonderti con le parole tu non confonderti tu non confonderti Ma quando la luna rompe l’incanto io sono perso nero universo che assomiglia alla linfa che ho alla linfa che ho
La parola definitiva per dire come quella voce mi fa sentire, e non è un fatto tecnico, ma nemmeno un fatto solo sentimentale, l’ho trovata dentro un filmato. Potrei ripetere che quella voce ha una vita propria, una storia e una sua fisionomia che si sovrappongono a quelle dell’uomo. Potrei parlare di certe risonanze vitree, certi tremori, certi pianti e certi sorrisi, di una giovinezza fuori dal tempo. Ma direi che quello che importa ora è
L’uomo dentro la voce
C’è un’immagine bellissima nel video di Io Confesso, con lei che guarda un vecchio televisore, e sullo schermo un vortice in bianco e nero, dove si muove la silhouette di un uomo che balla a tempo sulla canzone, in un modo virile e d’altri tempi, battendosi il petto con una mano. E non importano l’età o il contesto in cui ci muoviamo, tutto il fascino è in quell’ombra, nel suo movimento, in quella voce che rende tangibile il suono, lo rende carne, in quel sogno in bianco e nero. Non è la voce dentro l’uomo, ma l’uomo dentro la voce, che conta. Quello, quel “piccolo” cantante tutto charme e passione, è l’uomo dentro la voce.
Anche la prossima canzone è molto bella, la voce è proprio quella, non si può sbagliare, e quelle sono le parole (l'inciso più bello dell'anno, a mio parere)
Desio (Il Rumore del Mondo)
"Non la cerco e dovunque la trovo è parola di vento e bagliore è la rima che sposta il rumore di fondo il rumore del mondo" ...
Oh, bè… ma quest’uomo è nato per duettare. Voglio dire, possibile che una qualunque creatura femminile dotata di un’ugola felice e appassionata non provi il desiderio di duettare con lui? Mina? Quest’uomo è nato per duettare con te, la più pura, la più magnifica, la più "abbagliante" delle nostre voci femminili!
Oh, bene. Terminato il mio appello, ritorno ai duetti già storici, nonché prove inconfutabili a sostegno di quanto già detto. Per me un duetto è come una scena d’amore. Non è che tu, cantante, stai lì ad ammiccare alle telecamere. A meno che questo non corrisponda a una precisa esigenza scenica o di scrittura. Non è che tu stai lì senza neanche dire “buonasera” alla partner, preoccupato soltanto di compiacere il terzo interlocutore, il pubblico. Non è che lei nel frattempo deve pensare ai capelli, o a quanto le butta bene quella gonna. Per poi magari ogni tanto urlarvi in faccia a vicenda il ritornello, una gara di fiato, più che di sentimento. Dev'esserci al massimo una primadonna, non due! Ebbene, Mauro Ermanno Giovanardi sa come fare. Fa un passo indietro e lascia a lei la scena. Fisicamente e vocalmente. Ma tu sai che c’è. Per il modo in cui canta è un po’ dappertutto, in quel momento, una carezza sonora, la canzone ne è avvolta, e la partner pure. Accidenti, questo è uno che sa duettare. La guarda negli occhi. “Sono ancora qui”. E se gioca, come nel duetto di Io Confesso, sono in due a giocare. Complicità, e non competizione.
Mina, dai...
"Momenti", con Syria. Testo di Sergio Endrigo, musica di Cesare Malfatti.
"Prenditi cura di me". Una canzone dei Blume, ancora con Syria
Con Nina Zilli, sul palco dell'ultimo Sanremo nella serata dei duetti.
Due parole per le bravissime partners di questi filmati.
Nina Zilli è strepitosa: classe, voce, ironia. Senz’altro una da ascoltare e da tenere d’occhio.
Syria, oh bè, Syria credevo che fosse solo “quella di Sanremo”. “Syria”, appunto, e non Cecilia Cipressi. Ma la ragazza ha cuore e coraggio, e lo ha dimostrato più di una volta negli ultimi anni, frequentando suoni e musicisti che sembravano così lontani dal suo ambiente. È una intensa, e questi duetti lo dimostrano. Se la parola “chimica” vuol dire qualcosa anche tra cantanti, quelli sopra sono esempi molto significativi. E la storia della prima canzone, Momenti, è molto bella. Il padre di Cecilia era anche lui un cantante. Una notte, qualche anno fa, lei sognò Sergio Endrigo, che aveva conosciuto da bambina. Fu colpita da questa cosa come da un segno, e qualche tempo dopo telefonò alla figlia di Endrigo: “Non avresti per caso un inedito di tuo padre?” L’altra tirò fuori dal cassetto un testo esemplare, un manifesto del male di vivere che ha già dentro una luce di speranza, solo a saperla cercare. La musica è stata poi composta da Cesare Malfatti, l’altro La Crus, musicista sensibile e figura di rilievo nel panorama indie italiano. (Di lui conto di parlare presto, non sia mai che io trascuri un artista di tanta eleganza, sobrietà e raffinatezza).
Definizione di “grazia”, dal dizionario del sito corriere.it:
“Aspetto esteriore di oggetti o persone caratterizzato da eleganza, semplicità, anche con riferimento agli atti e al contegno” “Considerazione, simpatia” “Beneficio non guadagnato ma elargito dalla generosità o dalla benevolenza del concedente” “Concessione miracolosa o favore ottenuto da Dio” “Condizione fisica o spirituale particolarmente favorevole”
Ecco, è tutto qui.
Cuore a Nudo – Live al Tambourine di Seregno
L'Uomo che non Hai - Live in Seregno
Il Vino (di Piero Ciampi) – Seregno
Can’t Help Falling in Love – Teatro Sociale di Bergamo
E allora gioca con grazia, trova senza cercare. Fallisci tutti i bilanci, sii sapiente solo nel ricominciare. Lascia le acque stagnanti, solo mare aperto. Non smettere di desiderare…
Ah, qui abbiamo la rubrica dei duetti… E duetto sia. Con Arisa. Anzi, doppio duetto. Perché quello a Sanremo era più commosso, mentre quello live è più… più Joe-crooner, non so se mi spiego… Adesso ve lo spiega lui. Al violino c’è Mauro Pagani, tanto per non farci mancare niente.
Ah, gli archi… Gli archi!!! E le stelle, i sipari strappati, i cuori infranti, l’amor fou che diventa musical… Cielo, quanto amo queste cose…
E adoro i testi di Alex Cremonesi. Vorrei stringergli la mano solo per il modo in cui sposta gli spazi, quel “prendimi a mor-si, prendimi” che diventa “prendimi, amore, prendimi” nel finale… Roba da vampiri innamorati…
(Il video è di Ibouba79. Molto brava nello scegliere le immagini, di un lirismo così in tema)
LASCIA CHE (Giovanardi - Cremonesi)
Strappami il cuore, strappalo fanne un covo per noi due prendimi a morsi, prendimi ma fallo con parole tue fallo si, ma con parole tue
Vieni a scovarmi appena puoi vieni coi cani e gli avvoltoi mischia i miei lividi coi tuoi finché possiamo dire noi fino a che possiamo dire noi
Lascia che il mondo gridi intorno a te lascia che il giorno vada avanti niente ci sorprenderà Lascia che il mondo gridi intorno a te lascia che mostri pure i denti tanto non ci prenderà
Apri il sipario e strappalo se gli attori siamo noi bendami gli occhi e seguimi i miei sogni sono i tuoi urla ancora fallo se lo vuoi
Strappa le stelle intorno a te appesa a un filo che non c'è cadi col cielo amore mio in un meraviglioso addio cadi amore dove sono io
Lascia che il mondo gridi intorno a te lascia che il giorno vada avanti niente ci sorprenderà Lascia che il mondo gridi intorno a te lascia che mostri pure i denti tanto non ci prenderà
Lascia che il mondo gridi intorno a te lascia che il giorno vada avanti tanto non ci ferirà Lascia che il mondo giri intorno a te Lascia che il mondo gridi in torno a te lascia che mostri pure i denti Prendimi amore prendimi
Velocemente un altro duetto, prima che la suddetta materia, "i duetti di Giovanardi", venga proibita per eccesso di sensualità... Lei è la splendida Lucia Minetti.
Non è solo una, sarebbe troppo facile. Ogni voce scandisce una fase della carriera. C’è il canto ipnotico che usava, o da cui era usato, ai tempi dei Carnival of Fools. “Grazia sospesa su abissi di inquietudine”, li definì Il Mucchio. Una voce liquida, a volte oscura, a volte incandescente, un flusso informe, segnato da una fragilità indifesa, disarmante, eppure capace di rompere gli argini.
Poi venne l’abito cupo e ambiguo dei La Crus, crocevia di tante suggestioni, l’elettronica e la canzone, gli Smiths, Nick Cave, e i cantautori degli anni '60. L'armonia nella contaminazione. (Qui riprendono il bel pezzo dei Perturbazione, Dentro Me).
E infine c’è la voce dell’età adulta, cava e profonda, con ancora le sue trasparenze giovanili, e nuovi spessori vellutati, con la malinconia e i sorrisi disincantati, che attraversano le parole fino a dar loro una luce nuova: “Può bastare un passo molto breve /per lasciare tutto alle tue spalle / può bastare un passo così piccolo/ per lasciare un'orma sulle stelle” (Il testo è di Alex Cremonesi, già poeta dei La Crus. Il video è del sempre sensibile e puntuale Luca72groopho)
NEIL ARMSTRONG
(Cremonesi - Giovanardi)
Più in là dell'indaco oltre le maree oltre la cenere che cade intorno a me oltre le orbite i motori e le bugie oltre le nuvole e le mie malinconie
Può bastare un passo molto breve per lasciare tutto alle tue spalle può bastare un passo così piccolo per lasciare un'orma sulle stelle
Che c'è da perdere in questa novità di tempo senza ruggine e senza gravità? Non so più scendere da questa nostalgia di ferro, luci e valvole che mi sta portando via
Ma può bastare un passo molto breve per lasciare tutto alle tue spalle può bastare un passo così piccolo per lasciare un'orma sulle stelle
Oltre le favole oltre l'allegria oltre le maiuscole della mia calligrafia
Può bastare un passo molto breve per lasciare tutto alle tue spalle può bastare un passo così piccolo per lasciare un'orma sulle stelle
Un canto che non è mai definitivo, che viaggia nel tempo, tra freschezza adolescenziale e adulte carezze. E questa è solo una cronaca superficiale e ridotta delle tante voci, delle tante vite di Mauro Ermanno Giovanardi, detto Joe.