| Personalmente penso che, nel complesso il cosiddetto "Bene Superiore" sia comunque tale da poter se non essere sempre preferito a quello del singolo quanto meno usato come giustificazione per i - sempre cosiddetti - "danni collaterali" più inevitabili. Ma penso anche che la cosa debba essere vista caso per caso, se no i "danni collaterali" si inzia a considerarli tutti e sempre inevitabili, si parte a infischiarsene a prescidere e si finisce a fare cose davvero agghiaccianti. E lo dico da persona a cui se domandassero, ad esempio, se è lecito uccidere un solo uomo come Hitler per salvarne milioni ti risponde, per citare un telefilm: "Let's kill Hitler". Questo malgrado io di norma sia anche il tipo di persona contraria alla pena di morte perché ritengo che solo Dio può decidere chi merita o meno di vivere.
Ciò detto, però, è anche da ricordare che nei libri, specie nelle saghe epiche o fantasy, certi concetti sono per forza di cose esasperati e portati all'ennesima potenza perché spesso sono allegorie in cui il bene è IL BENE e il male è IL MALE, mentre sappiamo che nella vita reale ogni cosa, anche la distinzione bene/male e giusto/sbagliato ha le sue sfumature.
A questa esasperazione non si sottraggono gli esempi che facevo nell'altro post: Merlino, Gandalf, Silente. Merlino e Gandalf sono quelli che più ci si attagliano, non solo per se stessi ma anche per tutto quel che hanno intorno a loro. I cattivi di Tolkien, per lo più, non sono nemmeno umani. E che non lo siano risponde a una scelta precisa dell'autore il quale vuole parlare di lotta contro IL MALE appunto. Tutte le razze anche solo vagamente umane che Tolkien ci presenta, infatti, che siano elfi, hobbit, nani, istari o perfino ent, hanno lati buoni e lati negativi, come gli esseri umani. I soli che hanno solo lati negativi hanno anche un aspetto mostruoso, deforme e il più possibile non umano o che faccia pensare a una totale degenerazione dell'essenza umana perfino nelle sue forme esteriori (Orchetti, Uruk-Ai, Troll e poi Mannari, Ragni e Draghi e Sauron di cui non esiste più nemmeno il corpo. Sauron che è diventato mera essenza del Male). Questo perché Tolkien vuole che il lettore possa abbracciare la causa di chi combatte contro il Male vero e proprio in toto, senza né se né ma, senza dubbi etici. In compenso, proprio per via di questa sua scelta narrativa diventa quanto mai rilevante notare che in almeno un paio di casi ci mostra creature crudeli e anche fisicamente o almeno mentalmete degradate come comunque degne di pietà, o di un tentativo di perdono, se non recuperabili. E questo lo fa ad esempio con Saruman, con Denthor e soprattutto e nel modo più evidente con Gollum. Lo fa per farci capire che anche noi, persone normali e comuni, possiamo essere toccati dal Male in maniera "contagiosa" anche se crediamo di no. Il che, tornando più IT, ci riporta al discorso di partenza. Il Male in Tolkien è stigmatizzato per essere assoluto e immediatamente distinguibile, il bene lo è meno - è affidato a persone, di razze diverse, con pregi e difetti e in particolare a un piccolo hobbit senza la vocazione da eroe - ma a volte lo è comunque. Ci sono in Tolkien le persone comuni che lottano, ma ci sono anche le figure fulgide e quasi senza macchia che rappresentano non il bene ma IL BENE. La prima tra tutte è Gandalf. Gandalf che fin dalle origini non è una cratura mortale, è un Istaro, l'equivalente tolkeniano di un Angelo. Per forza di cose mentre il Male muove le sue pedine da Mordor verso il resto di Arda, Gandalf muove le sue dalla Contea verso Mordor. E sempre per forza di cose, stante quel che dicevamo prima, Gandalf non può agire contro il Male e a difesa del Bene inteso non solo come bene comune ma proprio come Bene Supremo nel modo più sfumato in cui lo farebbe un condottiero normale e mortale. Tante sfumature etiche Gandalf non può prenderle in considerazione proprio per come è strutturato il suo mondo e per il tipo di Male che affronta. Eppure in Gandalf spesso ci sono attimi di profondo dolore e smarrimento, nel vedere gli amici soffrire, nel dover mandare le sue pedine sul campo o anche solo nel constatare l'irrecuperabilità di un nemico.
Idem può dirsi di Merlino. Merlino che è così potente, così superiore, così grande e così umano e fragile da lasciarsi imprigionare per amore ben sapendo che verrà tradito e imprigionato.
Silente rientra nella schiera di questi portatori del Bene Assoluto. In un certo senso è più umano di loro. Non è un mago in un mondo di non-maghi, è un mago in un mondo di maghi. Più vecchio, più scaltro, più sapiente e più potente della media, ma non inarrivabile, non "altro" rispetto a chiunque abbia intorno, non "di un'altra razza" come lo sono Merlino e Gandalf. Silente è il mago più potente di tutti, in fondo Voldemort compreso, non perché è di un'altra categoria ma perché a furia di errori e di anni di vita e di studio indefesso lo è diventato. Silente ha un passato molto umano, e ingombrante e pesante. Beh, anche Merlino ce l'ha, ma quello di Silente è un passato di colpe, quello di Merlino è un passato di dolori. Sì, Silente è decisamente più umano degli altri due, nel senso letterale del termine. Ma nello stesso tempo, non appena si assume il ruolo di condottiero lo fa come condottiero del Bene Supremo non del bene di tutti i giorni che è quello della vita di noi mortali. D'altro canto deve combattere anche lui contro IL MALE. La Rowling su questo è chiarissima. Da un lato anche lei ci mostra che il male può corrompere chiunque, perfino noi gente comune, e che quindi bisogna giudicare con compassione, ma dall'altro insiste tantissimo su una cosa: a differenza di qualunque altro cattivo dei suoi libri, Voldemort non è redimibile e nasce cattivo. Non è la mancanza della mamma o l'essere figlio illegittimo che ha reso Voldemort quel che è, ci ripete spesso JKR, è la sua natura. Voldemort è crudele e senza pietà per natura. Voldemort è IL MALE. E quindi come tale va combattuto, senza sfumature etiche che possono entrare in gioco per i suoi adepti, senza sè e senza ma. Va combattuto come si combatterebbe un Orchetto, senza pietà e senza scrupoli, fino all'ultima mossa, fino allo scacco matto. La Rowling ha ben presenti le figure di Merlino e di Gandalf e se per quei due la partita a scacchi è una metafora che viene in mente al lettore ma non è mai suggerita chiaramente dall'autore, per Silente invece la Rowling richiama la nostra attenzione sugli scacchi fin dal primo libro e molte e molte volte. Ron e i suoi scacchi magici sono solo l'inizio di una allegoria che è chiaramente voluta dalla Rowling. Silente è il Re bianco, Voldemort è il Re nero e gli altri sono pezzi più o meno importanti (qualcuna qui ricorderà come nel vecchio forum avevamo giocato a stabilire chi fosse ciascun pezzo dei due schieramenti. Ad esempio ci eravamo domandate se Severus fosse o meno l'alfiere bianco e sul discorso della Torre di astronomia e di Draco come pedina nera, ecc.) ma comunque tutti sacrificabili. Il Re stesso è sacrificabile, una volta tanto. Silente, a differenza di Merlino e Gandalf si immola sulla sua stessa scacchiera e non aspetta nemmeno l'ultimo momento per farlo, lo fa prima di tanti altri e, soprattutto prima di Harry che è tra i pezzi da lui manovrati il pezzo chiave. Anche Merlino fa una brutta fine, ma la fa per amore e fuori dal contesto della sua partita principale tra il Bene (Artù) e il Male (Morgana), la fa per una vicenda personale e per amore di una donna. Gandalf invece si immola, in effetti, dinnanzi al Balrog (quanto è significativo del fatto che stiamo parlando sia di Bene Supremo che di Male Supremo il fatto che le ultime parole di Gandalf il Grigio siano: "You shall not pass!" ossia "Tu non puoi passare". Si potrebbe dire come negli esorcismi: "Vade retro, Satana". Il Balrog tra l'altro è un bestione cornuto e infuocato che sbuca da un abisso...). Però Gandalf si immola sapendo che risorgerà perché è un Istaro e non essendo mortale non può morire (trovo assai suggestivo e sempre significativo del concetto di bene nell'accezione eccezionale e assoluta del termine il fatto che Gandalf risorga in una versone di sé più "candida" e decisamente più distaccata e meno umana nei sentimenti).
Silente dal lato sacrificio di sé è quello che paga il prezzo più alto di tutti. Lui muore sulla stessa scacchiera su cui immola gli altri e lo fa conscio che non potrà certo risorgere. In questo ha tutto il mio rispetto e forse merita più compassione degli altri due.
Infine, tutti e tre sono grandi uomini molto soli proprio a causa della loro grandezza (e nel caso di Merlino e Gandalf anche della loro diversità dai comuni mortali). Persone così, non importa quanto siano anche amate e stimate (Artù ama Merlino e Gandalf è amato sia dagli hobbit che da molti altri personaggi) sono sole perché nessun altro al mondo è esattamente nella loro stessa posizione di potere/necessità di decidere per gli altri e agire di conseguenza. Nessuno può mettersi davvero nei loro panni esatti, comprenderli del tutto e dare loro il conforto di un confronto alla pari. Questo vale per tutti e tre, Silente compreso.
Eppure, personalissimamente, a me Silente sta antipatico e lo digerisco meno di Merlino e Gandalf. E il motivo non è che Silente non mostri alcun rimorso, perché invece secondo me a volte ne mostra eccome. Se non altro è mosso dal rimorso più grande di tutti, anche se è un rimorso personale, slegato da quel che sta facendo alle sue pedine: il rimorso per aver ucciso o causato la morte di Ariana. Il fatto è che però: 1) proprio perché, pur lottando contro IL MALE ed essendo lui il condottiero del BENE, siccome a differenza degli altri due lui è una persona comune, mortale e umana a me viene da aspettarmi che sia ancora più umano di Merlino e Gandalf anche nel mostrarli questi suoi rimorsi; 2) ed è questo in realtà il motivo principale della mia antipatia e la cosa che non gli perdono: Silente mente sempre e non arriva mai al punto di credere e amare gli altri tanto da fidarsi. Mente a Severus per tenerlo legato a sé e non si fida mai fino in fondo di lui, come di nessun altro. Peggio ancora, Silente mente a Harry, anche se Harry da mille prove di essere quello che comprenderebbe, perdonerebbe e si immolerebbe comunque. Li usa, e certo anche Merlino usa Artù, fin da prima che nasca, e Gandalf usa Bilbo, Frodo e tutti gli altri, ma lo fa senza fidarsi di loro, a differenza di Merlino e Gandalf e lo fa mentendo loro, prima di tutto su se stesso e sulle proprie fragilità e macchie. Artù sa dal loro primo incontro che Merlino ha intenzione di usarlo per unificare e salvare Albione, a qualunque costo. Gandalf dice a Bilbo che non può assicurargli che tornerà alla Contea sano e salvo e, addirittura, fa capire a Frodo che pensa che dalla sua di missione non ci sia di sicuro ritorno. I pezzi sulle scacchiere di Merlino e Gandalf ci si schierano in piena e completa volontà e non che Severus e Harry non si rendano pedine volontariamente ma non è mai dato loro di sentirsi dire in faccia con tutta schiettezza: "Mi servite come pedine", mentre le pedine degli altri due sono consci fino in fondo di esserlo. Per questo a me, personalmente, il rimorso di Merlino e Gandalf fa sempre più effetto di quello che prova Silente, anche se trovo che anche Silente ne provi. Merlino di Artù si fida davvero, e così fa Gandalf con i suoi, anche contro ogni apparenza di inaffidabilità da parte loro, mentre Silente non si fida mai di nessuno, non importa quanto quel qualcuno abbia dato prova di essere pronto a farsi sua pedina, suo amico e suo compagno di lotta. Questo almeno ai miei occhi fa davvero tanta, ma tanta differenza quanto a simpatia personale.
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