| Mi rifaccio all'altra discussione in cui avevamo già affrontato in parte questo tema molto interessante; avevo parlato di un personaggio de "La valle dell'Eden" di John Steinbeck, Cathy/Kate. Di lei è possibile seguire la storia fin dalla nascita e l'autore introduce il personaggio in questo modo (scusate i tagli, ma tengo le parti salienti):
Io credo che capiti a certi genitori di generar mostri. Ce ne sono di quelli, difformi e orribili.... Sono disgrazie... E come ci sono mostri fisici, non ce ne possono essere di mentali o psichici? La faccia e il corpo possono essere perfetti, ma... un'anima deforme? ... Come un bambino può nascere senza un braccio, uno può benissimo nascere senza gentilezza o senza una coscienza virtuale.
Kate è insomma "il Male", senza motivi palesi. Nel film che è stato tratto dal romanzo, il giovane Cal -figlio di Kate- sostiene "Io penso che dai genitori riceviamo una certa dose di bene e di male ed io ho avuto solo il male"
Queste dichiarazioni mi avevano sempre fatta pensare, l'idea di un Male in qualche modo inevitabile, intrinseco, è curiosa, ma non saprei dire se è valida o meno. Mi sembra troppo facile e nel caso sia vera, credo sia applicabile a pochissime persone. E tra l'altro, nel caso fosse vera, non ci sarebbe possibilità di redenzione, né di cambiamento: un cattivo rimane cattivo, punto.
Dopo questa premessa necessaria, passando ora a Voldemort, io farei una distinzione tra Tom fino ai 14 anni o giù di lì e il Tom che poi è diventato Voldemort. Il bambino nasce e diventa orfano nel giro di un'ora, ma non cresce con l'idea dell'abbandono, perché sua madre era morta, non l'aveva partorito e abbandonato, e per quanto ne poteva sapere lui, anche suo padre era morto, tant'è che scopre la verità su Tom senior solo quando è già a Hogwarts. Gli anni all'orfanotrofio quindi non scorrono all'insegna del risentimento verso i genitori, che semplicemente non esistono, e sappiamo che all'istituto i bambini erano ben curati, non subivano molestie o violenze, l'ambiente era pulito. L'orfanotrofio viene descritto come un posto decoroso ma "triste" per crescere, perché ai piccoli mancava il calore di una famiglia. Tom è quindi un bambino che non riceve l'affetto di una madre e di un padre, ma è l'unico degli orfani a mostrare tendenze violente, di una violenza il più delle volte psicologica e quindi subdola, sottile, a suo modo raffinata. Fin da piccolo vuole comandare, controllare gli altri, costringerli a fare cose che non vogliono, piegarli alla sua volontà contro la loro volontà, punendoli laddove tentino di ribellarsi o gli diano fastidio (non è un caso che la Rowling ci faccia ben capire che fin dalla tenera età Tom infliggeva ai compagni due delle Maledizioni senza perdono, l'Imperio e la Cruciatus). Tutto questo non si spiega con la mancanza di una famiglia.
Proviamo con la genetica? Vediamo quindi chi erano i suoi genitori. Tom Riddle Senior: babbano, padre suo malgrado per via di un inganno, abbandona Merope quando si rende conto di averla sposata e messa incinta. Del suo carattere sappiamo solo che era snob come il resto della famiglia, ma questo mi pare più un carattere acquisito dall'esterno che non ereditato geneticamente Merope Gaunt: la Rowling è abbastanza chiara nel dire che incrociandosi per secoli solo tra purosangue, i Gaunt avevano delle tare. Il fatto che poi vivano da miserabili ha sicuramente acuito i difetti e la bestialità dei loro caratteri, che si riflette anche nel loro aspetto fisico (a essere pignoli già Salazar Serpeverde viene descritto nella camera dei Segreti con un volto "scimmiesco"). Qualcosa di "distorto" è stato sicuramente passato anche a Tom junior, cui è stato risparmiato un aspetto fisico animalesco grazie alla bellezza babbana di suo padre, che è incredibilmente rimasta intatta. Da notare tuttavia come sparisca del tutto quando Tom intraprenderà il percorso che lo porta a diventare Voldemort.
Geneticamente quindi Tom ha già qualcosa che non va, per parte di madre, tuttavia per me non è sufficiente a spiegare il suo essere malvagio.
Penso gli sia mancata una guida. Una figura adulta di riferimento, maschile o femminile che fosse, che lo indirizzasse verso il bene e soprattutto gli desse gli strumenti per comprendere la differenza tra bene e male. La signora Cole e lo scarso personale dell'orfanotrofio avevano mille cose a cui pensare e non avevano certo il tempo di mettersi a seguire un bambino in particolare; hanno la consapevolezza che in Tom ci sia qualcosa di "strano", ma non indagano mai tanto da frenarlo; neppure con l'episodio della caverna riescono a coglierlo in fallo e a prendere provvedimenti. Tom in un certo senso viene lasciato libero di esasperare i lati oscuri del suo carattere, non trovando mai nessun adulto autorevole che sia in grado di dirgli in faccia "questo non si fa" e di spianare le asperità dei suoi atteggiamenti.
Il primo incontro con Silente è illuminante, per la prima volta in vita sua Tom si imbatte in qualcuno al di sopra di sé, viene preso in castagna, trova un adulto capace di "sgamarlo" e non è in grado di fare alcun tipo di giochetto con lui. Silente sarà sempre il suo bastone tra le ruote, "l'unico che abbia mai temuto" o per essere più precisi "l'unico che Tom non è mai stato in grado di sopraffare".
Tom cresce con un'indole solitaria, non cerca la compagnia altrui se non per esercitare il proprio potere, vede gli altri come strumenti e mai come persone (anzi è infastidito dall'umanità degli altri, ricorda con immenso e totale disprezzo i bambini dell'orfanotroio che "frignano"): è l'unico bambino dell'istituto a comportarsi così, quindi il male, la distorsione è in lui, non gli deriva dall'ambiente.
Ruba: ma non per desiderio delle cose altrui di cui si impossessa come trofei, ma per far del male. Tende ad appropriarsi con la violenza di cose che non gli appartengono e che vuole unicamente per toglierle agli altri, per rimarcare il proprio potere e la propria autorità su di loro. E oltre che manifestazione di potere è anche un po' come dire "voi siete felici, ma io voglio che siate infelici come me", anche se fatto in modo inconsapevole. Tom non cerca di comportarsi in modo da essere felice pure lui e per lui la "felicità" sta nel toglierla a chi ce l'ha, sottraendo l'oggetto che la rappresenta. Ricordiamoci che arriva anche ad uccidere un coniglietto per far del male a un compagno.
Infine, ultimo ma non meno importante, c'è il fatto che lui è l'unico mago in un ambiente completamente babbano. Fino a che non ha 11 anni non può spiegarselo, ma sente e sa, percepisce con sicurezza di essere diverso, che gli altri sono diversi da lui e per questo non riese a mescolarsi con loro.
La scoperta di essere mago, per citare il romanzo, acuisce il suo senso d'importanza, stappa la botte del suo odio verso gli altri. Si sente migliore, riesce a spiegarsi come mai tutto ciò che lo circonda lo schifi. Immediatamente, nelle cose schifose viene compresa anche sua madre (così debole da morire) e in quelle belle viene inserito il padre: come se avesse trovato la figura adulta cui ispirarsi che gli mancava.
Poi sappiamo com'è andata, sappiamo quanto ha cercato il nome di Riddle negli archivi scolastici, sappiamo con quale cocente delusione abbia dovuto accettare di essere figlio di un babbano e quindi di essere un mezzosangue. Delusione compensata dalla scoperta di essere però discendente di Serpeverde e da questo momento in poi il suo delirio di onnipotenza non avrà più freni e tutto ciò che lo può impedire o sporcare deve andare distrutto.
Ecco allora lo sterminio dei Riddle, il ramo ignobile da cui discende; ecco l'assassinio dello zio, mago sì, ma quanto schifoso e pezzente... via, bisogna cancellare anche questo salvando però l'anello di Serpeverde, l'oggetto nobile. Voldermort è una creazione di Tom, plasmata a poco a poco, al prezzo di eliminare dalla propria vita tutto quanto non rientri nella sua idea di perfezione: in questo processo verrà perduta anche la bellezza, perché è la bellezza babbana di suo padre.
Voldemort quindi non ha né padre né madre, è un'autoproduzione.
Forse in questo c'è una spiegazione della sua mancanza di relazioni e di umanità, perché l'umanità presuppone un contatto con l'altro e Voldermort negli altri vede solo mezzi o nemici.
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